L’attività di catalogazione del materiale numismatico di età romana appartenente alla Collezione dei Musei di Arte Antica nel 2018 ha interessato un gruppo di 77 monete datate tra il regno di Galba (68-69 d.C.) e quello di Tito (79-81 d.C.). Tale periodo, caratterizzato dal violento passaggio dalla dinastia Giulio-Claudia a quella Flavia, vide nel 69 d.C. il suo momento più tragico: nel cosiddetto “anno dei quattro imperatori”[1] lo scatenarsi di una vera e propria guerra civile causò la morte violenta di tre Principes (Galba, Otone, Vitellio) e la definitiva vittoria di Tito Flavio Vespasiano, fondatore di una dinastia che diede inizio ad una nuova fase nella storia del principato[2].

In continuità con la precedente campagna di catalogazione[3], ogni moneta è stata inventariata (invv. NU 4541- 4624) e ne sono stati registrati i dati tecnici e analitici[4] in apposite schede, basando la classificazione sul primo e secondo volume del Roman Imperial Coinage[5].

I risultati della classificazione sono sintetizzati nella tabella sottostante e nel successivo grafico, che verranno analizzati e illustrati nel testo.

Aspetti tecnici

Come si evince dalla Tabella 1, le emissioni più numerose sono quelle di Vespasiano che compare in 49 esemplari, di cui 3 coniati a nome del Cesare Tito. Proseguono la sequenza Galba (19 monete), Vitellio (6 monete), Otone (4 monete) e, infine, Tito al quale sono state attribuite due monete.

Il Grafico 1 sintetizza le percentuali relative ai nominali, mostrando una decisa maggioranza di denari (50 monete) subito seguiti dai sesterzi (19 monete). Meno rappresentata è la categoria degli assi (7 monete), dei dupondi (2 monete) e degli assi/dupondi (1 moneta).

Il calcolo del peso medio, eseguito per ogni categoria di nominale, ha poi fornito dati in linea con quanto descritto in letteratura, con un’oscillazione tra i 25 e i 27 gr per il sesterzio, tra gli 11 e i 12 gr per il dupondio e tra i 12 e 8 gr per l’asse[6]. La media ponderale per il denario, che varia da un minimo di 3,44 gr per la monetazione di Otone e Vitellio, ad un massimo di 3,52 gr e 3,57 gr rispettivamente per Galba e Vespasiano, testimonia l’adozione degli standard ponderali neroniani, introdotti con la riforma del 64 d.C[7]. La leggera flessione riscontrata nelle coniazioni di Otone e Vitellio, potrebbe invece essere dovuta alle alte quantità di denari necessari per far fronte alle paghe delle numerose legioni impegnate nel conflitto civile[8].

Per quanto attiene i centri di coniazione, è stato possibile individuarne quattro differenti: Roma che primeggia con 74 monete (pari al 96,10% del campione totale), Antiochia con un denario di Tito Cesare, Tarraco testimoniata da un denario di Vitellio e infine una zecca genericamente definita gallica a cui è stato attribuito un denario di Galba.

Tipologie

Partendo dal complesso di monete coniate sotto il regno di Vespasiano, s’individuano alcuni tipi riferibili a particolari eventi storici e all’instaurazione della dinastia. È il caso delle monete con la personificazione della Giudea, che, associata nei soli sesterzi alla legenda IVDEA CAPTA, viene rappresentata come una donna seduta in posizione di lutto, con le mani legate dietro la schiena. Tale raffigurazione allude alla conclusione della prima guerra giudaica che, culminata nell’assedio di Gerusalemme (7-8 settembre 70 d.C.) per opera di Tito, vide una decisa vittoria di Vespasiano e dell’intera dinastia Flavia. Anche il tipo con Marte andante con trofeo e lancia, coniato durante il secondo consolato di Vespasiano (69-71 d.C.), celebra le capacità militari e strategiche del neo-imperatore.

Le restanti tipologie hanno invece un indirizzo “propagandistico”, pienamente comprensibile solo se relazionato alla necessità di Vespasiano di legittimare il suo potere, alla cui accettazione non contribuivano né la modalità con la quale era stato eletto[9], né la sua origine[10]. Per il Princeps era necessario porre il proprio operato in continuità con le rassicuranti tradizioni politiche romane pre-neroniane e fornire contemporaneamente piena auctoritas alla propria persona nonché a quella dell’intera dinastia.

In quest’ottica, personificazioni come la Libertas, la Salus, la Securitas e la Pax[11], assumevano un significato che andava oltre la generica idea di un regno portatore di pace e prosperità. La preponderanza del termine “AVGVSTA” o “AVGVST” nelle legende creava, infatti, un processo d’identificazione non tanto con le virtù personali dell’imperatore quanto con quelle generiche del potere imperiale, di cui venivano enfatizzati i benefici[12]. Il messaggio veicolato era tranquillizzante e, allo stesso tempo, rifletteva l’idea di un pieno e totale rispetto per l’ordine sociale e politico romano tradizionale, distante da quell’esaltazione degli attributi personali tipici della produzione artistica e numismatica neroniana.

Anche le tipologie definite “d’imitazione”, che trovano cioè un preciso corrispettivo nelle iconografie monetali dei precedenti duecento anni[13], rispondono a questa necessità di consenso, ponendo Vespasiano e dunque tutta la dinastia Flavia, in continuità rispetto a modelli positivi come quello augusteo e repubblicano. Seguendo l’ordine cronologico d’emissione, ci sono monete, coniate tra il 70 e il 74 d.C., con l’immagine degli strumenti sacerdotali e AVGVR PONT MAX/TRI POT, che hanno un preciso modello in una serie di denari cesariani del 46 a.C. Sono invece datati al 70 d.C. i denari con caduceo alato, anch’esso mutuato da denari di Cesare del 44 a.C. Riferito ad un iconografia repubblicana del 102 a.C. è invece il tipo dei buoi aggiogati utilizzato per le emissioni del 76 d.C., mentre ad una serie di denari coniati da Ottaviano nel 42 a.C. può riferirsi il Modius con spighe di grano che compare nelle coniazioni vespasianee tra il 77 e il 78 d.C.

Anche il tipo con Tito (Cesare) in quadriga è simile alla raffigurazione di Augusto su alcuni denari del 19 a.C.[14]

Il fenomeno dell’“imitazione” è poi ravvisabile anche nelle due monete coniate da Tito[15]. Spicca in particolar modo la figura della Spes che tiene con una mano un lembo della veste e con l’altra un fiore. Il modello di riferimento è in una serie di sesterzi coniati tra il 41 e il 45 d.C. dall’imperatore Claudio, sotto il quale la carriera di Vespasiano ebbe un notevole impulso, dovuto ad uno stretto legame personale tra i due[16]. È dunque ipotizzabile la volontà di ri-abilitare Claudio quale modello di virtus politica in una funzione, ovviamente, antineroniana. 

La caratterizzazione del proprio regno, come un momento di ritrovata stabilità, dopo la tirannia neroniana, è evidente anche nelle tipologie attribuite a Galba, trovando espressione nelle personificazioni della Pax, della Concordia e della Libertas. Numerose poi le monete con corona di quercia, che, avendo un preciso corrispettivo in alcuni aurei e dupondi augustei del 19 a.C.[17], pongono l’operato di Galba nel solco di un modello di potere imperiale percepito positivamente.

Le iconografie monetali attribuite a Otone e Vitellio seguono infine due diverse tematiche: quella militare con la Vittoria raffigurata con scudo iscritto SPQR, e quella programmatica con le personificazioni della Pax, della Libertas e della Securitas. Data la brevità dei regni dei due imperatori, è stato notato[18] come il repertorio tipologico fosse mutuato direttamente da quello neroniano, con una generica predilezione per personificazioni che rispondessero alle aspettative dei cittadini.

 

Note

[1] Tale termine, fu introdotto per la prima volta da Theodor Mommsen in una conferenza tenutasi il 22 gennaio 1870 alla Singakademie di Berlino. Il concetto fu poi ripetuto durante le lezioni universitarie edite in: T. Mommsen, Romische kaisergeschicht, Munchen 1992. La notizia è riportata in G. Traina, Prefazione, in P. Cosme, L’anno dei quattro imperatori, Palermo 2015, p. 11, nota 1.

[2] Ampia la scelta bibliografica sul periodo, tra cui si consiglia: (più in generale sul periodo) M. Pani, E. Todisco, Storia Romana. Dalle origini alla tarda antichità, Roma 2008, pp. 265-273; sull’anno 69 d.C.: K. Wellesley, The year of the four emperors, London 2000; R.G. Morgan, 69 AD., The Year of Four Emperor, Oxford 2006: P. Cosme, L’anno dei quattro imperatori, Palermo 2015. Sulla figura di Vespasiano e la dinastia dei Flavi: F. Coarelli (a cura di), Divus Vespasianus. Il bimillenario dei Flavi, catalogo della mostra (Roma 2009-2010), Roma 2010. L. Capogrossi et al., L’Italia dei Flavi, atti del convegno (Roma 4-5 ottobre 2012), Roma 2016; B. Levick, Vespasian, London 2017.

[3] I cui risultati sono pubblicati nel numero di maggio/giugno 2017 di questa stessa rivista, nella rubrica Collezioni/Catalogo: **.

[4] Tra i dati tecnici sono stati inclusi: nominale, metallo, tecnica, peso, modulo, e asse di conio. Tra i dati analitici: D/Legenda, D/Descrizione, R/Legenda, R/Descrizione, autorità emittente, zecca, data di emissione, catalogazione, nome della foto.

[5] E.A Mattingly, R.A.G. Sydenham, The Roman Imperial Coinage, London 1972, voll. I/II.

[6] I dati di confronto sono stati presi da: I. Carradice, Flavian coinage, in W.E. Metcalf, The Oxford handbook of Greek and Roman coinage, Oxford 2016, pp. 375-390.

[7] I dati di confronto per i denari sono stati presi da: D.R. Walker, The metrology of the roman silver coinage, Part I: from Augustus to Domitian, Oxford 1976, i cui dati sono stati poi revisionati in: K. Butcher, M. Ponting, The metallurgy of Roman Silver Coinage from the reform of Nero to the reform of Trajan. Cambridge 2014, pp. 201-239 e pp. 321-376.

[8] L’argomento è trattato in modo più approfondito in: K. Butcher, M. Ponting, J. Muona, The denarii of Otho: a stylistic and compositional study, “Rivista Italiana di Numismatica (RIN)”, 110, 2009, pp. 291-310. Si sottolinea come, nel caso del campione esaminato, il numero di monete attribuite ai due imperatori sia troppo basso per avanzare ipotesi più accertabili.

[9] L’acclamazione di Vespasiano era avvenuta il1 luglio del 69 d.C., per volontà delle truppe di Alessandria e della Palestina, di cui deteneva il comando. Il suo riconoscimento da parte del Senato tuttavia non fu immediato, poiché Vitellio, la cui legittima elevazione a Princeps era stata conferita il 19 aprile del 69 d.C., era ancora in vita. Fonti storiche sono: Tacito, Historiae, 2,79 e Svetonio, Vite dei Cesari, VIII, VI. Un buon riassunto è invece consultabile in M. Pani, E. Todisco, Storia Romana. Dalle origini alla tarda antichità, Roma 2008, pp. 265-266.

[10] Vespasiano non proveniva da una famiglia illustre, come quella dei Giulio-Claudi, ma da una di origine sabina, il cui arricchimento era avvenuto attraverso il prestito di denaro. Questo aveva determinato la possibilità di entrare nel rango degli equites e, di conseguenza, di poter intraprendere la carriera militare e politica. Fonte storica: Svetonio, Vite dei Cesari, VIII, I. Un buon riassunto è invece consultabile in M. Pani M., E. Todisco, Storia Romana. Dalle origini alla tarda antichità, Roma 2008, pp. 266-267, e B. Levick, Vespasian, London 2017, pp. 4-15.

[11] Per eventuali approfondimenti sul significato di queste personificazioni nella monetazione vespasianea si consiglia: T.R. Stevenson, Personification on the coinage of Vespasian, “Acta Classica”, LII, 2010, pp. 181-205.

[12] Secondo D. Fishwick, The Imperial Cult in the Latin West: Studies in the ruled cult of the Western Provinces of the Roman Empire, Leiden 1991, Vol. II/1, pp. 462-464, ci sarebbe una differenza concettuale tra AVGVSTI e AVGVSTA. Il primo infatti sottintende delle virtù personali e specifiche dell’imperatore, mentre il secondo si riferisce al sistema imperiale nella sua genericità. Il concetto è spiegato anche in: Stevenson, Personification cit., p. 186, nota 14.

[13] In realtà con il termine “monete d’imitazione o di restituzione” s’intende una serie di coniazioni di Tito, Domiziano, Nerva e Traiano, che propongono, sia al dritto che rovescio, monete di periodi precedenti, con la variante della legenda del rovescio, in cui compare la titolatura ufficiale dell’autorità emittente con l’aggiunta di rest (restituit). L’introduzione in questa categoria delle monete di Vespasiano è alquanto discussa poiché la riproposizione di tipi riguarda solo il rovescio e manca l’abbreviazione rest alla fine della legenda. Su questo argomento, relativamente alla monetazione di Vespasiano e Tito, si può consultare: E. Bianco, Indirizzi programmatici e propagandistici nella monetazione di Vespasiano, “Rivista Italiana di Numismatica”, 70, 1968, pp. 145-224; Carradice, Flavian coinage cit., pp. 375-390; A. Serra, Le monete di restituzione o imitazione di Vespasiano: gusto antiquario o esigenza politica?, in E. Dettori et al., Scritti in memoria di Roberto Pretagostini, Roma 2009, pp. 1159-1184.

[14] Tali dati sono stati ben sintetizzati in: A. Serra, Le monete di restituzione cit., pp. 1179-1181

[15] La ripresa d’iconografie storiche sembra aumentare proprio sotto il regno di Tito: S. Ranucci, La monetazione del Flavi, Caratteri generali e aspetti tipologici, in Coarelli, Divus Vespasianus cit., pp. 358-366

[16] Vespasiano infatti fu mandato da Claudio in Britannia, ottenendo, al suo ritorno, numerosi ed importanti ruoli politici e religiosi, culminati nel consolato del 51 d.C. Per approfondire il tema: T.V. Buttrey, Documentary evidence for the cronology of the Flavian Titolature, Meinsenheim 1980; B. Levick, Claudius, London 2001 pp. 190-192. Inoltre Svetonio nelle Vite dei Cesari, VIII, II, racconta di come Tito fosse amico del figlio di Claudio Britannico, tanto da essere presente la sera in cui quest’ultimo fu avvelenato.

[17] R.I.C. I., 77a.

[18] Butcher, Ponting, Muona, The denarii cit., pp. 291-310; J. Muona, The Roman Mint coins of Marcus Salvius Otho, “Suomen Numismaattinen Yhdisty”, 7, 2014, pp. 16-27.

Pubblicato su “MuseoinVita” | 7-8 | 2018