Il materiale numismatico preso in esame, fa parte dell’importante Collezione dei Musei di Arte Antica di Ferrara, nella quale è conservato un cospicuo ed interessante gruppo di monete che, seppure in diversa proporzione, coprono tutto l’arco della monetazione romana[1].
Recentemente, la necessità di riordino e organizzazione della Collezione, ha determinato l’inventariazione e la catalogazione di un gruppo di 167 monete, comprendenti nominali in argento e bronzo, cronologicamente inquadrabili nella prima parte del III sec. d.C., tra il regno di Gordiano III (238-244 d.C.) e quello di Treboniano Gallo (251-253 d.C.). Tale fase, corrispondente alla prima parte di quel periodo che la storiografia moderna definisce “anarchia militare”, si caratterizza per l’instabilità dell’autorità imperiale, minacciata da continue sommosse, usurpatori e invasioni, e per il susseguirsi, spesso a brevi intervalli, d’imperatori proclamati e velocemente eliminati dai loro stessi eserciti[2].
Dopo l’inventariazione e l’esame diretto, si sono riportati in apposite schede i dati tecnici e analitici di ogni singola moneta[3], basando la classificazione sul quarto e quinto volume del Roman Imperial Coinage[4], nonché sul catalogo di Henry Cohen[5].
La tabella sottostante e i grafici inseriti più avanti, sintetizzano i risultati della catalogazione, che vengono analizzati e illustrati nel testo.

Tabella 1 – Sintesi dei risultati di ricerca.
I dati riportati mostrano una decisa maggioranza di monete emesse da Filippo I che compare in 111 esemplari: tale numero include anche le coniazioni fatte a nome dell’Augusta Otacilia (19 monete) e del figlio, associato al trono, Filippo II (22 monete). Segue Traiano Decio attestato in 44 monete, cifra che, anche in questo caso, comprende le emissioni per l’Augusta Etruscilla (9 monete), e per i due Cesari Erennio Etrusco ed Ostiliano (rispettivamente 8 e 4 monete). Meno numerose sono invece le coniazioni di Treboniano Gallo, che compare in 10 esemplari e Gordiano III a cui è stata attribuita una sola moneta[6].

Grafico 1 – Numero dei nominali analizzati e loro percentuale sul totale.
Dopo aver rilevato le diverse autorità emittenti, si passa ad analizzare la natura delle specie monetarie.
Come evidente, il nominale più frequente è il Sesterzio (90 monete), seguito dall’Antoniniano (54 monete) e dall’Asse (19 monete). Attestati con numeri inferiori sono invece gli Assi/Dupondi (4 monete), i Dupondi (1 moneta) e i Semisse (1 moneta).
Per ogni categoria di nominale è stato inoltre calcolato il peso medio, che ha fornito risultati in linea con le medie normalmente stimate in letteratura: tra i nominali in bronzo, il sesterzio ha una media ponderale variabile tra i 16 e i 20 gr, mentre l’asse e l’asse/dupondio una tra gli 8 e i 12 gr[7].
Per gli antoniniani invece il calcolo ha permesso di osservare una diminuzione ponderale, correlata alla cronologia di emissione: gli antoniniani più antichi, emessi da Filippo I (244-249 d.C.), hanno infatti un peso medio di 4,11 gr, quelli di Traiano Decio (249-251 d.C.) di 4,02 gr, mentre i più recenti, coniati da Treboniano Gallo (251-253 d.C.), di 3,35 gr. Tali dati, rispecchiano un ben noto fenomeno di progressiva svalutazione, iniziata per l’antoniniano già al momento della sua reintroduzione nel 238 d.C. e che vede un forte ribasso proprio nel 250 d.C., a cavallo tra il regno di Decio e quello di Gallo[8].
Rispetto alla distribuzione delle zecche di produzione, primeggia quella di Roma con la coniazione di 164 monete, pari al 98,20% del campione totale. Attestata però anche la zecca di Milano, con 2 antoniniani attribuiti a Treboniano Gallo (pari all’1,19%) e quella di Antiochia con 1 antoniniano fatto coniare anch’esso da Gallo (pari al 0,59%).
Per quanto attiene l’aspetto formale, il campione esaminato presenta numerose emissioni tipiche del III sec. d.C.
Partendo dal complesso fatto coniare da Filippo I, si osservano numerosi tipi legati all’aspetto gestionale della società, con particolare riquadro nei confronti delle aspettative dei cittadini verso l’imperatore. In questo senso possono essere interpretate varie personificazioni tra cui la concordia, l’annona, la felicitas, la liberalitas, l’aequitas e la pax. Non mancano tuttavia tipologie a tema militare, volte ad affermare e celebrare l’auctoritas imperiale. Ne sono esempi il tipo dei signa militaria, associato alla legenda FIDES EXERCITVS (fig.1), o la personificazione stessa della fides, nella sua accezione di FIDES MILITVM. Anche la rappresentazione del Cesare Filippo II, andante o stante, in abiti militari con globo e lancia trasversale, e accompagnato dalla legenda PRINCIPI IVVENT (fig.2), sembra avere un connotato bellico particolarmente spiccato, oltre ad un richiamo a quel principio dinastico divenuto fondamentale per il mantenimento del potere imperiale.
- Fig. 1, Antoniniano di Filippo I con il tipo dei Signa Militaria sul rovescio.
- Fig. 2, Antoniniano a nome di Filippo II con il Cesare in abiti militari sul rovescio.
Numerose sono poi le tipologie legate alle celebrazioni dei Ludi saeculares, nell’aprile del 248 d.C.[9]. Tale tematica aveva una lunga e consolidata tradizione, che partiva dalle coniazioni di Augusto (17-16 a.C.), passando per quelle di Domiziano (88 d.C.), fino ad arrivare alle celebrazioni di Settimio Severo (204 d.C.)[10]. Nella scelta di alcuni soggetti Filippo I sembra rifarsi a tale tradizione: è il caso del tipo con il cippo iscritto COS III o COS II, circondato dalla legenda SAECVLARES AVGG, nonché del tipo con la raffigurazione del tempio di Venere, associato alla legenda SAECVLVM NOVVM.
Del tutto nuove sono invece le tipologie alludenti ai numerosi spettacoli che Filippo I organizzò nel corso di tutto il 248 d.C., utilizzando tutti quegli animali esotici che già Gordiano III aveva fatto arrivare a Roma per celebrare la sua vittoria contro i Persiani[11]. Numerosi sono dunque le raffigurazioni di animali tra cui la capra, l’antilope, il cervo e l’ippopotamo, tipologia associata alla sola Augusta Otacilia (fig.3).
Il repertorio delle coniazioni di Traiano Decio mostra una maggior presenza di raffigurazioni collegabili all’ambito militare. Oltre al classico tipo della victoria, diverse sono le monete con la rappresentazione del genivs, nella sua accezione di GENIVS EXERCITVS ILLVRICIANI (fig.4), chiaro omaggio a quell’Armata Illirica, protagonista degli eventi che portarono Decio a ottenere il pieno potere imperiale nel 249 d. C.[12]. Presenti anche le personificazioni di Pannonia e Dacia, in cui le insegne tenute in mano, non solo richiamano il tema bellico, ma testimoniano un cambiamento del ruolo di queste provincie ormai pienamente coinvolte nell’attività di difesa del limes imperiale[13].
- Fig. 3, Sesterzio a nome di Otacilia Severa con ippopotamo sul rovescio.
- Fig. 4, Antoniniano di Traiano Decio con la rappresentazione del Genivs sul rovescio.
Non mancano infine tipologie di carattere più sociale, tra cui spiccano l’abundatia e la liberalitas, con chiari riferimenti alle aspettative dei cittadini, nei confronti dell’operato dell’imperatore.
Alla promessa di un regno portatore di pace e prosperità possono essere collegate anche diverse personificazioni utilizzate dall’Augusto Treboniano Gallo, tra cui la Felicitas, l’Aeternitas (fig.5), la Concordia è la Pax. In realtà l’esaltazione di queste virtutes appare quanto mai in netto contrasto con gli eventi storici accaduti durante il regno di Gallo, caratterizzato non solo dalle continue incursioni barbariche nei confini orientali dell’impero, ma anche dalla diffusione della peste[14] che raggiunse il suo culmine proprio in quegli anni. A tale pestilenza, e al tentativo di porvi fine, è da collegare la coniazione del tipo APOLL SALVTARI e, forse, IVNO MARTIALIS[15].

Fig.5, Antoniniano di Treboniano Gallo con la rappresentazione dell’Aeternitas al rovescio.
Non abbiamo ad oggi alcune notizia sulla provenienza di questi 167 esemplari e non è dato sapere se furono acquisiti dal Museo di Ferrara in blocco o in tempi diversi.
Se tuttavia li osserviamo in toto, come un campione omogeneo, notiamo un particolare andamento cronologico e specifici rapporti di quantità tra le diverse specie monetarie, che difficilmente si possono spiegare con una pura attività di raccolta collezionistica e sembrano piuttosto suggerire la presenza, almeno parziale, di un nucleo di tesaurizzazione.
Ciò ci autorizza, oggi solo a livello di pura esercitazione, a tentare di stabilire un confronto con altri gruzzoli coevi. Solo il progredire della catalogazione della sezione romana della collezione numismatica di Ferrara, unitamente ad una meticolosa ricerca nei civici archivi, potranno dare concretezza a questa ipotesi o viceversa sconfessarla.
- Grafico 2 – Distribuzione del numero di Antoniniani per autorità emittente.
- Grafico 3 – Distribuzione del numero di Sesterzi per autorità emittente.
L’andamento che si osserva nei grafici, per entrambi i nominali, con una netta maggioranza di monete coniate da Filippo I, tra il 244 e il 249 d.C., e un successivo, ma proporzionato, calo del numero di coniazioni attribuite alle altre autorità emittenti, potrebbe trovare dei confronti con numerosi ripostigli, diffusi su tutto il territorio dell’Italia Settentrionale e occultati non oltre il 260 d.C.[16]. Nel quadro generale dei nascondimenti si segnala, in particolare, una fase di addensamento collocabile tra 244 a.C. e 254 d.C.[17]; tale cronologia appare in linea con le caratteristiche del gruppo di reperti esaminati in questa sede.
Il decrescere delle emissioni a nome dei tre diversi imperatori, evidente nel campione di monete analizzato, potrebbe inoltre essere messo in relazione alla netta caduta degli approvvigionamenti metallici, legata alle difficoltà economiche, politiche e militari del periodo, attestata anche in altri contesti[18].
Altro elemento di suggestione è infine la prevalenza di nominali in bronzo, soprattutto sesterzi, coerente alla natura di diversi ripostigli del periodo, segnati da una predilezione per la tesaurizzazione di questo nominale, conseguente all’estremo processo di svilimento della moneta in argento[19].
Note
[1] Per un inquadramento generale sulla collezione numismatica dei Musei di Arte Antica di Ferrara si consiglia: M.T. Gulinelli, Monete, conii e punzoni della raccolta numismatica, in R. Varese (a cura di), Il Museo Civico in Ferrara, donazioni e restauri, Ferrara 1985, pp. 66-71 e M.T. Gulinelli, La collezione numismatica del museo dello studio, “Annali di Storia delle Università italiane”, 8, 2004, pp. 151-165. Ringrazio la Dott.sa Maria Teresa Gulinelli per avermi dato l’opportunità di studiare il materiale analizzato e per il preziosissimo aiuto nella scrittura di questo articolo.
[2] Per una migliore comprensione degli eventi storici di quegli anni si consiglia: M. Silvestrini, Il potere imperiale da Severo Alessandro ad Aureliano, in A. Schiavone (a cura di), Storia di Roma, Torino 1993, vol. III, pp. 133-191, E. Lo Cascio, The Emperor and his administration, in A.K. Bowman et. al. (a cura di), Cambridge Ancient History – The crisis of empire AD 193-337, Cambridge 2005, vol. XII, pp. 131-183, M. Pani e E. Todisco, Storia Romana. Dalle origini alla tarda antichità, Roma 2008, pp. 327-334
[3] Tra i dati tecnici sono stati inclusi: nominale, metallo, tecnica, peso, modulo, e asse di conio.
Tra i dati analitici: D/Legenda, D/Descrizione, R/Legenda, R/Descrizione, autorità emittente, zecca, data di emissione, catalogazione, nome della foto.
[4] E.A Mattingly e R.A.G. Sydenham, The Roman Imperial Coinage, voll. IV/III, V, London 1923-94.
[5] H Cohen, Iscription historique des monnaies frappées sous l’Empire Romain, vol. VIII, Paris 1880-92.
[6] Resta fuori da tale analisi una moneta, probabilmente coniata da Gallieno per la moglie Cornelia Salonina, la cui attribuzione tuttavia resta molto incerta a causa del pessimo stato di conservazione Si è comunque tentata un’identificazione: R.I.C. V/I, 25; Cohen V, 95.
[7] Per i pesi medi di sesterzi e assi, sono stati utilizzati i dati forniti da A. Bernardelli (a cura di), L’impero romano in crisi. Aspetti della tesaurizzazione del bronzo in Italia, atti del convegno (Biassono, 9 giugno 2012), Biassono, 2014, pp. 93-170, a sua volta frutto di medie desunte da: H. Mattingly, Coins of the Roman Empire in the British Museum, voll. I-VIII, London 1884-64, e A.S. Robertson, Roman Imperial coin in the Hunter coin Cabinet, London, voll. I-V, 1962-1982.
[8] Anche in questo caso i dati sono allineati alle stime riportate in letteratura: per i pesi medi degli antoniniani sono stati usati: J. P. Callu, La politique monétaire des Empereurs Romains de 238 a 311, Paris 1969, pp. 238-246 e D. R. Walker, The metrology of the Roman silver coinage, vol. III, London 1976-78. Sulle problematiche della svalutazione dell’antoniniano e la relativa crisi economica monetaria si consiglia: Callu La politique monétaire cit., G.M. Carrie, Le riforme economiche da Aureliano a Costantino, in Schiavone (a cura di), Storia di Roma cit., vol. III, pp. 283-322, M. Corbier, Coinage and taxation. The State’s point of view, in Bowman et al (a cura di), Cambridge Ancient History cit. pp. 489-533, 772-779.
[9] In realtà nell’aprile 248 d.C. Filippo I era impegnato nella campagna militare contro i Carpi e per tale motivo i festeggiamenti iniziarono solo verso la fine dell’anno, sul tema si consiglia R. Bland, The gold coinage of Philip I and family, “Revue Numismatique”, 171, 2014, pp. 93-149
[10] Perassi C., Soggetti monetali dall’età post-severiana a Gallieno. Fra tradizione e innovazione, in Barello F. G. Spagnolo Garzoli (a cura di), Mala tempora currunt. La crisi del III secolo attraverso il ripostiglio di Pombia, Atti della giornata di studi (Arona 24 novembre 2007), Roma 2009, pp. 59-77
[11] Tali animali non furono però utilizzati dallo stesso Gordiano a causa della sua prematura scomparsa. Sul tema: C. Perassi, Medaglioni romani dedicati alla celebrazione dei Ludi Circensi, “Rivista Italiana di Numismatica”, 95, 1993, pp. 385- 412
[12] È proprio in Illiria infatti che Decio venne acclamato imperatore ed è grazie alla fedeltà di quelle legioni che riuscì a sconfiggere nei pressi di Verona, Filippo I.
[13] Si specifica come la raffigurazione della Dacia tenga in mano un’insegna terminante con probabile testa di asino. Si tratterebbe dell’antico stendardo in uso presso le popolazioni dacie e raffigurato anche sulla base della Colonna Traiana. Sul tema: C. Perassi, La periferia dell’impero nel linguaggio figurativo monetale romano, in G. Vanotti, C. Perassi (a cura di), Limine. Ricerche su marginalità e periferia del mondo antico, Milano 2004, p. 215.
[14] Tale ondata di peste iniziò nel 250 d.C. in Mauretania per arrivare un anno dopo in Italia e imperversare per almeno vent’anni colpendo mortalmente anche il co-reggente Ostiliano.
[15] Tale tipologia, non ancora del tutto chiara, è stata collegata all’ondata di peste da: S. Stevenson, W.F. Madden, A Dictionary of Roman Coins, Republican and Imperial, New York 1889, p. 496.
[16] E. A. Arslan, Albino 1961: uno o più ripostigli monetali di III e IV sec?, “Notizie Archeologiche Bergomensi”, 5, 1997 pp. 273-307, E. A. Arslan Spunti per la rilettura della crisi monetaria di età gallienica, in Barello e Spagnolo Garzoli, Mala tempora currunt cit., pp. 41-57.
[17] Tra i tanti tesoretti di questo periodo si richiama l’attenzione per quello di Dossi di Gavello, Bondeno, Ferrara pubblicato da M. Calzolari, Tesoretto di monete romane d’argento dal territorio di Bondeno, “Rivista Italiana di Numismatica”, LXXXVII, 1985, pp.105-142.
[18] Si prenda, ad esempio, il tesoretto di Biassono: si attesta come Filippo I sia presente con 65 esemplari (pari al 2,9% delle 2239 monete del complesso), Traiano Decio con 5 esemplari (0,22% del campione totale) e Treboniano Gallo con 3 esemplari (0,13% del campione totale). I dati sono stati ricavati da: E. A. Arslan (a cura di), Angera 1981: uno o due ripostigli monetali di III secolo?, in Angera e il Verbano Orientale nell’antichità, atti della giornata di studio (11 settembre 1982), Milano 1983, pp. 195-211, E. A. Arslan, Il Ripostiglio di Biassono (MI), in Ripostigli Monetali Italiani. Documentazione dei complessi, voll. I-III, Milano 1995.
[19] La moneta argentea giunge ad avere un valore intrinseco così basso da essere superato da quello delle emissioni dei maggiori nominali in bronzo, che cominciano così ad essere tesaurizzati. Sul tema della tesaurizzazione del bronzo tra i numerosissimi testi si consiglia: E. Cocchi Ercolani, L’evoluzione del sistema monetale nel III sec. d.C. e i gruzzoli dell’Emilia Romagna, “Rivista Italiana di Numismatica”, XC, 1988, pp. 193-232; Arslan, Mala tempora currunt, cit., pp. 41-57; Bernardelli, L’impero romano in crisi cit. pp. 93-170.
Pubblicato su “MuseoinVita” | 5-6 | giugno-dicembre 2017