La direzione dei Musei di Arte Antica di Ferrara ha deciso di avviare la catalogazione anche informatica dell’ampio archivio fotografico di proprietà comunale. L’archivio, conservato per la maggior parte in Palazzo Bonacossi, nelle intenzioni della direzione dei Musei verrà indagato lotto per lotto, studiato e restituito ai cittadini e alla comunità scientifica. Si tratta, nel complesso, di un lavoro lungo e paziente di rivisitazione di documenti visivi che hanno in buona parte valore in quanto tali, ovvero come oggetti d’arte, ma che hanno altresì un notevole valore documentario, in quanto vanno considerati per ciò che raccontano. Un lavoro che deve quindi procedere su più livelli anche semantici paralleli.
Il primo lotto di fotografie individuato dal funzionario responsabile Giovanni Sassu e catalogato da Prospectiva Scarl (Bologna) ha per soggetto Palazzo Schifanoia. È stata fatta la scelta di considerare, in questa prima fase, questo materiale soprattutto come documento utile per la ricostruzione di una porzione recente della storia del palazzo e degli affreschi, un vero e proprio racconto visivo delle sue condizioni di conservazione a partire dalla prima metà del Novecento. Le immagini documentano i restauri dei prospetti interni, la risistemazione dell’area del cortile, i restauri di parte dei prospetti principali e, per quanto riguarda gli interni, forniscono un’ampia panoramica dello stato del Salone dei Mesi, delle aperture e delle tamponature della muratura: anche attraverso la lettura comparata delle foto si tracciano i percorsi per il prossimo intervento di restauro. Per questo la scelta di catalogare, in questa prima fase, materiale di diversa provenienza compreso un buon nucleo di foto della Soprintendenza di Bologna: non solo un fondo interno, non una collezione o il lascito di un singolo fotografo, ma le immagini del palazzo come documento storico.
Si è scelto di avvalersi di uno strumento di catalogazione messo a disposizione dall’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD) del Mibact sulla piattaforma SigecWeb (scheda F 4.00) nonostante fosse ancora in fase sperimentale.
Una scelta che ha comportato per il responsabile del procedimento e per i catalogatori un continuo scambio di informazioni con il personale del Ministero e con Corinna Giudici, direttrice del Gabinetto fotografico della Soprintendenza di Bologna, che ringraziamo sentitamente per la grande disponibilità. Si è trattato, soprattutto per i responsabili dell’Istituto Centrale e in piccola parte anche per chi ha condotto il lavoro sul campo a Ferrara e in altre sedi, di un’operazione di lunga e paziente messa a punto di uno strumento catalografico affrontata con spirito davvero sperimentale, con pause, ripensamenti, correzioni di rotta e innumerevoli test di validità scientifica, un lavoro che ora ha premiato gli sforzi congiunti con il rilascio definitivo della scheda a disposizione di tutti i catalogatori e soprattutto, per quanto riguarda il caso specifico della Fototeca ferrarese, alla pubblicazione delle schede che saranno consultabili anche dal pubblico, a breve, sul sito www.catalogo.beniculturali.it

Il salone dei Mesi in una foto Vecchi-Graziani
Del tutto differente la scelta operata su un primo nucleo di lastre fotografiche in vetro, in particolare scatti appartenenti al fondo Vecchi-Graziani, indagate questa volta come oggetto d’arte in sé prima ancora che come documento visivo. La fragilità del supporto comporta problematiche di conservazione diverse rispetto alla pellicola o alle stampe dei positivi su carta; il primo passo è la loro messa in sicurezza in buste e scatole apposite che garantiscono la stabilità sia del vetro che dell’emulsione, ovvero del composto chimico che costruisce e fissa l’immagine sul vetro.
Una prima veloce lettura di questo materiale, complessivamente in discreto stato di conservazione, ha riservato numerose sorprese dal punto di vista dell’analisi dell’oggetto d’arte: alcuni scatti sono di qualità notevole proprio dal punto di vista fotografico tout court, immagini tanto curate da sembrare incisioni, tagli fotografici non azzardati ma di straordinaria qualità dal punto di vista documentario. Si consideri che le foto più antiche sono databili agli anni Venti, immagini di una Ferrara differente che si spera, esattamente come per l’altro nucleo, di riuscire presto a studiare e mettere a disposizione del pubblico e degli studiosi.
Pubblicato su “MuseoinVita” | 2 | dicembre 2015