
Si chiamava “Musei Ferraresi”, il bollettino annuale fondato nel 1971 (ma edito nel 1972) da Ranieri Varese – allora direttore dei Musei Civici di Arte Antica di Ferrara –, e che cessò la pubblicazione nel 2000, dopo 19 numeri in ventotto anni di documentazione, approfondimenti, comunicazioni sulle attività e il patrimonio museale ferrarese, non solo storico artistico. Cessò per mancanza di fondi, e fu tra le prime vittime dei servizi culturali che la crisi economica aveva iniziato a seminare a Ferrara e ovunque. Fu un peccato, poiché un Museo che si rispetti – e quelli di Arte Antica, con Palazzo Schifanoia come biglietto da visita in Italia e nel mondo, lo sono – deve possedere una serie di requisiti funzionali imprescindibili, a uso interno ed esterno, come una Biblioteca e una Fototeca specializzate, e come una rivista che sia testimonianza di costante ricerca, e soprattutto luogo di raccolta di contributi volti a informare sugli sviluppi della conoscenza dei suoi materiali, oppure a stimolare nuove indagini, percorsi alternativi che possano passare per esempio anche attraverso l’interdisciplinarietà, così tanto promossa, così poco praticata.
Nel corso dei quindici anni trascorsi dalla chiusura di quello straordinario strumento che fu il bollettino annuale dei “Musei Ferraresi” molto è cambiato. Come sempre le crisi, pur comportando sacrifici di cui si poteva fare a meno (poiché molto spesso proposte sull’onda di “ottimizzazioni” di breve gittata), portano cambiamenti sui quali si può provare a riflettere in termini di benefici. Sotto questa luce vorrei porre l’inizio di “MuseoinVita” che, in qualche modo, nasce dagli scaffali in cui è collezionata “Musei Ferraresi” per abitare il mondo più dinamico, più economico, più globale e più disponibile del web. Via i costi della stampa, via i problemi della distribuzione, le riviste online sono potenzialmente sulla scrivania di chiunque le voglia consultare, consentendo altresì di salvare sul proprio computer il contributo che gli interessa, anziché ingombrarsi di un intero numero. Alla carta riserveremo altre destinazioni editoriali, dove la forma e la materia “libro” hanno ancora un senso.
“MuseoinVita”, dunque, come una rivista che testimonia la vitalità del Museo, ma anche come piattaforma sulla quale ospitare (invitare) la ricerca di chiunque voglia contribuire alla conoscenza del nostro patrimonio, ma non solo quello di pertinenza dei Musei di Arte Antica, poiché fin da subito questa rivista ce la siamo immaginata aperta ai “Musei Ferraresi” prendendo spunto dall’edizione antesignana. Ci sarà modo e tempo per aprirci a tutto questo.
Per ora apriamo con un numero dedicato in buona parte al Seicento ferrarese, costituito dai testi delle conferenze tenute a Palazzo Bonacossi nel 2013 a margine della bella mostra, allestita dalla Fondazione Ferrara Arte e dal Seminario Arcivescovile di Ferrara a Palazzo Trotti-Constabili, dal titolo di Immagine e persuasione. Capolavori del Seicento dalle chiese di Ferrara. In fondo una piccola mostra, a cura di Giovanni Sassu, composta da appena otto quadri, ma molto ben selezionati e ben studiati, come a promuovere la funzione primaria di un’esposizione che è quella didattica, rafforzata da un catalogo in cui la ricerca storico artistica è davvero causa, mezzo, fine.
Dai testi di queste conferenze possono nascere ulteriori spunti di ricerca, per esempio da Daniele Benati un pensiero a rivalutare, e quindi studiare, la figura di Lucio Massari; da Valentina Lapierre la sollecitazione a rivedere il fenomeno delle riproduzioni, che a ben vedere intreccia l’area disciplinare storico artistica con quella sociologica; da Barbara Ghelfi uno stimolo ad approfondire il mondo culturale della Ferrara pontificia; da Giovanni Sassu la necessità di prendere di petto la pittura di Carlo Bononi, per finalmente riconoscergli quel valore che si merita.
Non è un caso che questa rivista nasca parlando di Seicento e non di Rinascimento. Ferrara, con i suoi musei, non è soltanto quel periodo storico e culturale; certamente nel Rinascimento la città ha vissuto il suo momento migliore, ma dal 1598 (anno di devoluzione allo Stato Pontificio) di quel patrimonio è rimasto poco. Che quel poco sia importante è imprescindibile, basti pensare a quel capolavoro che è il Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia, ma proprio questa grandezza ha oscurato altri periodi storici che meritano maggior attenzione sia per qualità, sia per quantità di opere ancora presenti sul territorio. Aprire con il Seicento in fondo è un segnale.
Angelo Andreotti
Direttore scientifico di “MuseoinVita”
Pubblicato su “MuseoinVita” | 1 | febbraio 2015