Un dipinto “ritrovato”: storia (e qualche ipotesi) della Decollazione del Battista di Bastarolo

Un dipinto “ritrovato”: storia (e qualche ipotesi) della Decollazione del Battista di Bastarolo

Il restauro della Decollazione di san Giovanni Battista (fig. 1) di Giuseppe Mazzuoli detto il Bastarolo ha finalmente restituito alla comunità scientifica un’opera di straordinario valore. Questa restituzione ha riportato nuovamente alla luce, come già accaduto recentemente[1], l’importanza di una migliore conoscenza del pittore e del suo operato per una nuova comprensione degli esiti della pittura ferrarese tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento. La recente rimozione della carta giapponese, che da quasi due decenni ricopriva la tavola, e il conseguente reinserimento dell’opera nel dibattito critico hanno però ampiamente evidenziato anche la non facile situazione degli studi

L’Incoronazione della Vergine di Carlo Bononi

L’Incoronazione della Vergine di Carlo Bononi

Carlo Bononi Incoronazione di Maria Vergine 1616-17 Olio su tela, diametro cm 298 Ferrara, chiesa di Santa Maria in Vado. Inginocchiata su nubi dalla vaporosa quanto solida consistenza, Maria Vergine accoglie a mani giunte con composto e deciso sguardo la corona che Cristo e l’Eterno padre le pongono sulla testa. Su tutti muove la colomba dello Spirito Santo, fonte di luce dorata che delicatamente illumina i paffuti volti degli angioletti tra le nubi, protagonisti del prodigioso evento insieme ai paradisiaci musici adolescenti, che ai piedi della Trinità, suonano indicano e osservano lo spettatore. In una data presumibilmente anteriore al 1616-17,

Giovanni Battista Domenichi e Santa Maria in Vado: un committente «vigilantissimo» per Domenico Mona

Giovanni Battista Domenichi e Santa Maria in Vado: un committente «vigilantissimo» per Domenico Mona

Intorno al 1585 il cortigiano ferrarese Orazio Ariosti, pienamente coinvolto nei dibattiti alle problematiche del poema eroico e alla questione della superiorità del Tasso su Ariosto, si accostò – dopo che il ben più celebre poeta «ebbe condotto a termine la Liberata» – alla realizzazione di un proprio poema cavalleresco, oggi comunemente conosciuto come L’Alfeo[1]. Interrompendo la narrazione dei fatti precedenti la conquista e la conversione della Norvegia per opera di Alfeo e del suo amore contrastato per Alvilda, l’autore espone in una ottava autobiografica (III, 65) la propria concezione circa il ruolo dell’arte figurativa manifestando la sua ammirazione per