Nel 2014-15 il Museo della Cattedrale ha promosso il restauro del Busto reliquiario di san Giorgio (fig. 2) e del Busto reliquiario di san Maurelio (fig. 1), interventi condotti dallo scrivente, in qualità di titolare della CRC Restauri[1].
I due manufatti sono di epoche diverse: il San Giorgio fu realizzato agli inizi del Seicento per custodire le ossa del cranio del Patrono, donate nel 1600 da Clemente VIII al vescovo Giovanni Fontana; il basamento risulta successivo di un secolo ed è opera del bolognese Zanobio Troni, autore anche del Busto di san Maurelio, eseguito nel 1725 per volontà del cardinale Tommaso Ruffo[2]. Si forniscono di seguito alcune note relative al procedimento seguito e alcune riflessioni emerse durante il restauro.
- FIg. 1, Zanobio Troni,Busto reliquiario di san Maurelio, 1725, Ferrara, Museo della Cattedrale, inv. MC098
- Fig. 2, Argentiere milanese e Zanobio Troni,Busto reliquiario di san Giorgio, busto 1600 ca. e 1726, Ferrara, Museo della Cattedrale, inv. MC097
Il reliquiario di san Giorgio

Fig. 3, Argentiere milanese e Zanobio Troni,
Busto reliquiario di san Giorgio, busto 1600 ca., basamento 1726, Ferrara, Museo della Cattedrale, inv. MC097
Il manufatto (fig. 3) è realizzato prevalentemente in lamina d’argento lavorata a sbalzo e cesello, mentre alcune parti – come il viso del santo – sono condotte a fusione.
Il reliquiario è composto da due elementi: il busto, completamente cavo, e il piedistallo (o base) in legno, rivestito da lamine in argento realizzate a schiacciatura e torsione, poi inchiodate alla struttura.
Le due parti sono a loro volta unite tramite un complesso sistema, sicuramente realizzato da Troni al momento della creazione del basamento: l’aggancio del busto avviene attraverso una cerchiatura in ferro che si avvita alla struttura lignea della base grazie a un perno con una vite a farfalla.
La reliquia è conservata all’interno della calotta cranica alla quale si accede mediante un’apertura per ribaltamento della stessa.
Nel corso dell’intervento di restauro si è evidenziato con chiarezza che tutta l’area della clamide avvolta intorno al busto è stata aggiunta in un secondo momento, come risulta chiaro dalla sutura all’interno del busto. Pertanto, l’opera realizzata dall’anonimo argentiere milanese per conto di Giovanni Fontana terminava in origine sotto lo sterno: l’intervento si deve attribuire allo stesso Troni, contestualmente alla creazione del nuovo basamento[3]. Non a caso, sotto il petto, sul fianco destro, è stato ritrovato il punzone dell’argentiere bolognese, presente anche sulla base.
È probabile che il bisogno di slanciare la figura sia stato determinato dalla necessità di ottenere una coppia di busti reliquiari delle stessa altezza da esporre durante le celebrazioni liturgiche[4].
- Fig. 4, vista dall’interno del busto di san Giorgio con la linea di giunzione situata sotto il petto
- Fig. 5, linea di sutura longitudinali all’interno dle busto di san Maurelio
Il reliquiario di san Maurelio

Fig. 5, Zanobio Troni,
Busto di san Maurelio, 1725, Ferrara, Museo della Cattedrale, inv. MC098
Il busto (fig. 4) è realizzato in lamina d’argento lavorata a sbalzo e a cesello. Osservando dall’interno il busto si può notare che le lamine metalliche sono saldate tra loro per mezzo di una serie di graffette in argento. L’aureola è, invece, in rame dorato.
Il reliquiario è composto da due elementi: busto e base, agganciati fra loro attraverso una serie di piccoli perni filettati, saldati al primo e assicurati al secondo mediante l’utilizzo di rondelle.
Il basamento è strutturato su una nervatura metallica in ferro che sostiene tutto l’apparato decorativo in lamine d’argento. Per rendere più robusta la struttura, l’argentiere ha provveduto a inserire nella parte centrale, all’interno, una catena ad anelle in ferro.
Il manufatto presenta una serie di rappezzi e toppe in argento che interessano gran parte del busto.
La reliquia è custodita all’interno del piedistallo ed è resa visibile da un apertura sul fronte protetta da un vetro.
Il restauro
L’intervento è stato di tipo manutentivo e finalizzato a rimuovere gran parte della solfurazione dell’argento e a verificare lo stato conservativo degli agganci.
Innanzitutto sono stati smontati gli elementi costitutivi dei due busti per consentire la pulitura e il controllo delle parti metalliche e della struttura lignea.
I trattamenti di pulitura sono stati eseguiti con lavaggi ad azione dissolvente per rimuovere l’ossidatura del metallo, con successiva azione saponificante ed emulsionante per sgrassare la superficie; il processo è stato ultimato con solventi di tipo aereo per la rimozione di macchiature e residui di cera e paraffine.
Gran parte dei residui di materiali adesi agli oggetti sono stati rimossi con l’utilizzo di soluzioni tensioattive a pH 6, immergendo o creando dei tamponi di cotone idrofilo imbevuti nella soluzione detergente. Questi, dopo essere stati lasciati a contatto con la superficie, sono stati rimossi in modo meccanico utilizzando pennelli e spazzolini in nylon e detergendo il materiale con una soluzione di bicarbonato di sodio al 5% in acqua distillata.
Gli elementi in ferro sono stati trattati con convertitore di ruggine a base di polimeri chelanti che, grazie ai sui componenti attivi, stabilizza i prodotti di ossidazione del ferro (ruggine) sotto forma di un complesso ferro-tannico insolubile di colore nero-opaco che trasforma le ossidazioni presenti.
Al termine delle operazioni manutentive, le superfici d’argento sono state protette con vernice nitrocellulosica.
Note
[1] L’intervento è stato finanziato dal Comune di Ferrara, direzione lavori a cura di Giovanni Sassu.
[2] Cfr. B. Giovannucci Vigi in B. Giovannucci Vigi e G.Sassu (a cura di), Museo della Cattedrale di Ferrara. Catalogo generale, Ferrara 2010, rispettivamente pp. 197-198 cat. 99 e 198-199 cat. 100.
[3] Tipologicamente, le fattezze originarie del busto ferrarese richiamano esempi precedenti e successivi quali il Busto reliquiario di san Cresci (1703), opera di G.B. Foggini e B. Holzmann, conservato al Museo Diocesano di Santo Stefano al Ponte di Firenze, cfr. E. Nardinocchi in Nel segno dei Medici. Tesori sacri della devozione granducale, cat. della mostra (Firenze, Museo delle Cappelle Medicee, 21 aprile – 3 novembre 2015), Firenze 2015, pp. 154-155 cat. 39.
[4] I due reliquiari vengono esposti insieme in Cattedrale sin dal Settecento durante le festività pasquali e quelle dedicate a san Giorgio.
Pubblicato su “MuseoinVita” | 3-4 | giugno-dicembre 2016