Francesco del Cossa a Schifanoia
Pubblicato su “MuseoinVita” | 9-10 | 2019
La rubrica Colpo d’occhio nasce con l’intento di fornire al lettore chiavi di lettura utili ad accostarsi ai capolavori dei nostri Musei. In questo numero di “MuseoinVita” l’attenzione si concentra su Francesco del Cossa nel Salone dei Mesi a Palazzo Schifanoia.

Francesco del Cossa, Marzo (particolare del registro inferiore), 1469 circa, dipinto murale, Ferrara, Palazzo Schifanoia, Salone dei Mesi
Ci sono proposte interpretative di tale fascino e autorevolezza da essere in grado di condizionare la storiografia per decenni, se non talvolta più a lungo ancora. Tale senza dubbio è stato il caso della famosa conferenza warburghiana su Italienische Kunst und Internationale Astrologie: chiunque si sia accinto a studiare il Salone dei Mesi non ha potuto evitare di inforcare preventivamente gli occhiali di Warburg. Con la conseguenza di assumerne a propria volta le prospettive e condividerne più o meno consapevolmente gli assunti, finendo per concentrare tutta l’attenzione sui registri superiori e sui relativi “viandanti”. […] Il registro sublunare inferiore, invece, guardato con assai meno interesse, visto prevalentemente come repertorio di notizie sulla “vita quotidiana” ai tempi di Borso.
[…] il carattere emblematico, quasi didascalico, delle scene del registro inferiore, l’artificiosità dei fondali, la distribuzione stereotipata dei personaggi – Borso al centro, uno o più interlocutori in posizione deferente in fronte a lui, la corona degli spettatori che guardano e amplificano gli atti del duca – rendono i presunti labores di Borso quanto mai generici e ripetitivi, fondamentalmente astratti: sembra decisamente improbabile che essi mirassero a descrivere episodi specifici, realmente accaduti e riconoscibili in quanto tali. Più che nelle divinità superiori, allora il contenuto parenetico del ciclo sembra esprimersi direttamente nella persona del Principe in carne ed ossa: egli stesso metro e manifesto della propria perfezione.
M. Folin, Borso a Schifanoia: il Salone dei Mesi come speculum principis,
in S. Settis e W. Cupperi (a cura di), Il Palazzo Schifanoia a Ferrara,
Modena 2007, pp. 9 e 19.

Francesco del Cossa, Marzo (particolare del registro inferiore), 1469 circa, dipinto murale, Ferrara, Palazzo Schifanoia, Salone dei Mesi
Nei registri inferiori, ove si dispiegano “le opere e i giorni” di Borso, grazie alla presenza più vincolante delle poderose architetture di sapore albertiano, i paradigmi spaziali appresi sulle luminose geometrie di Piero forniscono a queste scene un fondale scandito sul filo di un più razionale pensiero, entro composizioni assolutamente originali. Si osservi la raffigurazione dei villici intenti alla potatura, apparentemente tratta da un Tacuinum sanitatis ma in realtà stretta da una logica stereometrica di infallibile lucentezza. Ma ciò che più colpisce, specie nei confronti degli altri Mesi, è l’impressionante evidenza ottica che caratterizza ogni dettaglio, sortendo effetti di cristallino nitore che si è abituati a credere propri soltanto della pittura su tavola. Nel Marzo, dove vediamo Borso scortato dal suo seguito mentre si avvia alla caccia, è in special modo sorprendente lo scrutinio lenticolare con cui viene esaminato ogni più piccolo accidente del terreno. L’arrivo di un cane nel piccolo stagno, provocando la fuga di un gruppo di anatre, increspa lievemente di una spuma sottile la superficie perfettamente trasparente dell’acqua.
A. Bacchi, Francesco del Cossa, Cremona 1991, pp. 29-31.
- Francesco del Cossa, Marzo registro inferiore (part. del giovane in primo piano ), 1469 circa, dipinto murale, Ferrara, Palazzo Schifanoia, Salone dei Mesi
- Francesco del Cossa, Marzo registro inferiore (part. del giovane in primo piano ), 1469 circa, dipinto murale, Ferrara, Palazzo Schifanoia, Salone dei Mesi

Francesco del Cossa, Aprile registro inferiore (part. della veste di Borso), 1469 circa, dipinto murale, Ferrara, Palazzo Schifanoia, Salone dei Mesi
Anche sulla parete est, nonostante l’affermazione di Francesco del Cossa di avere “lavorato quaxi et tuto a frescho”, la varietas materica, ottenuta con la pittura a secco e con i metalli, giocava un ruolo fondamentale nella rappresentazione. Non si trattava solo di quegli inserti obbligati dalle limitazioni tecniche dell’affresco che, come aveva scritto Cennini “in frescho mal si posson fare”, ma era una vera e propria riqualificazione, attentamente programmata, sgargiante e polimaterica dell’affresco.
[…] Il registro inferiore della parete est, che costitutiva la parte iconograficamente più importante e meglio visibile del dipinto, era anche l’area più caratterizzata dalle esecuzioni a secco. Le fluorescenze dell’ultravioletto indicano l’impiego di leganti differenziati per realizzare le mimesi delle diverse materie rappresentate, sia per alcuni dettagli figurativi, ma soprattutto per la lussuosa varietà dei costumi di corte.
[…] Erano probabilmente queste soluzioni che saldavano la pittura di Francesco del Cossa a quanto era stato dipinto a secco da “i altri che se sono passato” e al gusto di Borso d’Este.
[…] Ciò riguarda anche le esecuzioni con foglie d’oro, di stagno dorato e d’argento: impiegate sull’intera parete est, ma che assumono una particolare evidenza nel registro inferiore, legata sia al pregio dei materiali, sia alla varietà e alla complessità delle loro lavorazioni. Nel gruppo di cavalieri rappresentati in alto nella scena del registro inferiore del mese di Marzo si osservano ancora bene i resti dell’oro in foglia applicato su uno strato di bolo aranciato steso su un intonaco molto liscio che ne consentiva la brunitura prima dell’aggiunta dei dettagli figurativi a olio o a tempera grassa. Nella scena di Marzo il giovane di spalle mostrava un abito a cioppa realizzato con foglie d’oro applicate a bolo su un intonaco punzonato e una decorazione eseguita a mascherina con una tempera grassa che risparmiava la doratura con un effetto a perle.
[…] Nella scena di Aprile la veste di Borso d’Este era stata invece realizzata con due diversi effetti luminosi ottenuti con due diverse tecniche di doratura: il corpetto a giornea era eseguito sull’intonaco risparmiato con un decoro di tempera grassa sovrapposto a filetti di oro a pennello che riflettevano la luce imitando le sottili pieghe del broccato dorato, le maniche, invece, dorate a foglia dovevano apparire più lustre rispetto all’oro a pennello.
M. Gheroldi, Un conflitto sulla qualità tecnica della pittura murale a Ferrara al tempo di Borso d’Este,
in M. Natale (a cura di), Cosmé Tura e Francesco del Cossa,
L’arte a Ferrara nell’età di Borso d’Este, Ferrara 2007, pp. 153-155.

Francesco del Cossa, Marzo (particolare del registro inferiore), 1469 circa, dipinto murale, Ferrara, Palazzo Schifanoia, Salone dei Mesi
Se riconsideriamo complessivamente i volti del duca colti di profilo (non importa se verso destra o verso sinistra, dal momento che era sufficiente ribaltare il cartone preparatorio per ottenere dei ritratti perfettamente speculari), e cioè i due del mese di Marzo, i tre nel Giugno, i due nel Luglio, i due nell’Agosto e i tre nel Settembre, la conclusione che salta agli occhi è che tutti, sia che siano opera del grande Francesco del Cossa, sia che siano scaturiti dal pennello del “più tristo garzone de Ferara”, derivano dallo stesso modello. Un modello che aveva dato del volto di Borso una lettura oggettiva e spassionata, impietosa nel coglierne i più evidenti segni di decadimento fisico (le tasche sotto gli occhi, la maschera di rughe sulla pelle floscia e cadente, i rotoli del doppio mento…), ma al tempo stesso capace di evidenziarne la nobiltà, l’affabilità, la straordinaria apertura umana: una serie di virtù suggerite dalla trasparenza degli occhi azzurri e dall’espressione della bocca, sul punto di aprirsi per parlare o accennare un sorriso. Un modello “ufficiale”, che si intravede alle spalle della geniale interpretazione fornita dal Cossa, che ricompatta i volumi e rinsalda le superfici, permettendosi al tempo stesso lucide notazioni realistiche, come la verruca sul mento o la vena pulsante di vitalità sulla tempia […].
V. Farinella, I pittori, gli umanisti, il committente: problemi di ruolo a Schifanoia,
in S. Settis e W. Cupperi (a cura di), Il Palazzo Schifanoia a Ferrara, Modena 2007, p. 111.
Pubblicato su “MuseoinVita” | 9-10 | 2019