Appunti su alcune riviste umoristiche illustrate tra Otto e Novecento a Ferrara e il contributo di Edmondo Fontana
Pubblicato su “MuseoinVita” | 9-10 | 2019
Nel passaggio tra il xix e il xx secolo, in un clima permeato di letteratura decadentista e dannunziana, di esperienze di matrice simbolista e divisionista, nonché diviso tra posizioni naturaliste e nuovi indirizzi di ricerca prossimi ad aprirsi al movimento Modernista, l’editoria italiana si avvia a specializzarsi dando vita a riviste di settore sulla scia delle contemporanee esperienze estere. Sono pubblicazioni dedicate all’arte decorativa e applicata, all’architettura, all’arredo, riviste letterarie e di varia cultura, attente al costume, alla società, alla satira e alla politica. Sicché, all’interno di questi generi, ma in particolare negli ultimi due citati, prende corpo e trova un suo naturale sviluppo il tema dell’illustrazione.
Un campo che difficilmente può essere apprezzato se non si considera la stringente relazione che intercorre tra esso e la nascita della caricatura che, tra il 1847 e il 1848, coincide con l’esplosione dei vari movimenti rivoluzionari di tutta Europa[1].La cosiddetta primavera dei popoli trova, infatti, la propria voce anche e soprattutto in quei primissimi fogli satirici che, abbandonate le pagine degli album e delle raccolte di stampe, iniziano a circolare per le strade e fra le mani delle persone.
Com’è noto, in Italia questi fogli si diffondono dapprima nei grandi centri della penisola. Napoli, Roma, Firenze, Milano e Torino sono i principali palcoscenici dove avvengono gli accadimenti salienti della storia risorgimentale ed è in queste città che nascono nel 1848: «L’Arlecchino» (Napoli), “Lo Spirito Folletto” (Milano), “Il Lampione” (Firenze), “Il Don Pirlone” (Roma), “Il Fischietto” (Torino). Quasi tutti sospesi con la restaurazione del 1849, essi riprenderanno vita nel corso degli anni Sessanta, mentre altri titoli si affacciano sulle piazze italiane: nel 1851 è la volta de “La Strega” (Genova), nel 1856 quella del “Pasquino” (Torino); seguono “L’Uomo in Pietra” e “Il Pungolo” (Milano) e nel 1863 “Il Diavolo” (Torino). Chiude questa breve carrellata tra i fogli risorgimentali illustrati “La Rana” (Bologna) dato alle stampe nel 1865.
Tuttavia, è soprattutto negli ultimi trent’anni dell’Ottocento che fioriscono nuovi satirici. Nel 1874 troviamo “Il Papagallo” (Bologna) seguito nel 1881 da “La Luna” (Torino). Nel 1882 esce il “Guerin Meschino” (Milano), nel 1885 “Il Rugantino” (Roma) e l’anno successivo “Il Pupazzetto” (Roma), felice pubblicazione che inaugura la stagione della cosiddetta “illustrazione pupazzettata” alla quale s’ispireranno moltissime riviste locali, non solo nella citazione diretta del titolo ma anche e soprattutto nello stile, i cui echi proseguono fin lungo il primo decennio del Novecento. Chiudono con pungente ironia questo periodo, politicamente intenso e tormentato ma fondamentale per la storia dell’unità del nostro Paese, le pagine di “Bononia Ridet” (Bologna) stampato nel 1888, il famosissimo “L’Asino” (Roma) del 1892 e, infine, “Il Monsignor Perrelli” (Napoli) editato nel 1897. Si arriva così al 1900 con la pubblicazione de “Il Travaso delle Idee” (Roma) e “Italia Ride” (Bologna) con i quali si entra nel pieno del nuovo secolo. Il primo volge ancora lo sguardo alla tradizione dei fogli risorgimentali, mentre il secondo, com’è noto, apre una stagione completamente nuova e mai vista per l’illustrazione italiana[2].
“Italia Ride”, infatti, è certamente la rivista illustrata più interessante realizzata all’alba del nuovo secolo. Essa si connota nel panorama italiano come un prodotto assolutamente originale, rivolgendosi, per la prima volta nella storia della stampa umoristica, ai caricaturisti, ai cartellonisti e agli illustratori di libri. Essa si avvale dei contributi di disegnatori professionisti, i quali riuscivano a interpretare questo particolare genere di arte decorativa in modo più fresco e vivace rispetto agli artisti e ai pittori, non sempre abituati a confrontarsi con le restrizioni di campo espressivo che inevitabilmente s’impongono nel lavoro per una rivista. Una ventata di sperimentazione che dura solo sei mesi terminando la sua esperienza il 30 giugno dello stesso 1900[3].
Le riviste umoristiche ferraresi
In questo proliferare di creatività, anche la città di Ferrara, come molti altri centri medio-piccoli d’Italia, esprime la propria vivacità attraverso la pubblicazione di fogli umoristici[4]. Un giornalismo, quello ferrarese, che si concentra soprattutto sui problemi della città e della provincia, mentre pochissimo spazio, se non nullo, è dato ai fatti di politica nazionale. Un aspetto, anche questo, alquanto comune per le riviste “locali” divisa, come il resto d’Italia d’altronde, tra clericali in parte moderati e socialisti, e in seguito allo scoppio della prima guerra mondiale, tra interventisti e pacifisti. Sicché a Ferrara l’esercizio della scrittura e di conseguenza quello dell’umorismo è tutto rivolto ai suoi più illustri cittadini.
“Il Vespertilio”
Il primo foglio di cui si ha notizia è “Il Vespertilio”. Stampato dal 1879 e probabilmente esauritosi nel corso dello stesso anno[5], esso era riprodotto nei locali della Tipografia Sociale di Ferrara che aveva sede in via Borgoleoni, sotto la direzione del Prof. Silvio Pasqualini in collaborazione con Oreste Vaccari e si caratterizza per la presenza nelle due pagine centrali d’illustrazioni umoristiche tipiche dei fogli risorgimentali[6].

Fig. 1 – “Il Vespertilio”, 1, 16-17 marzo 1879, p. 2
Il nome dell’illustratore non è noto, sebbene i disegni siano per la maggioranza siglati “Pasq” al margine destro di ogni foglio, possibile diminutivo dello stesso Pasqualini (fig. 1). Alla vista, i disegni del “Il Vespertilio” sono piacevoli e graziosi, particolarmente descrittivi e ricchi di dettagli, tendenti a un linearismo quasi assoluto valorizzato dal bel tratteggio, finalizzato a definire i chiari e i scuri come richiedeva la tradizione e a raffigurare cose e persone nel modo più naturalista possibile (fig. 2). Un tratteggio che tuttavia non esaspera mai volti e figure, come invece richiede l’arte della caricatura, se non in qualche sporadico dettaglio, preferendo un’espressione più vicina al realismo.

Fig. 2 – “Il Vespertilio”, 4, 6-7 aprile 1879, pp. 2-3
“Chichett da Frara”
A distanza di pochi anni, nel 1882 va alle stampe il “Chichett da Frara” fondato e diretto da Romualdo Ghirlanda; dichiaratamente anticlericale, esso esprimeva la sua satira in dialetto alternato all’italiano[7].

Fig. 3 – “Il Chichett da Frara”, anno II, 14, 8 – 9 aprile 1883, p. 1
Il foglio ha illustrazioni prive di firma tranne che nel numero dell’ 8 e 9 aprile 1883, dove in basso a sinistra compare la sigla DADA (fig. 3) e successivamente in uno datato 22 e 23 settembre 1889 dove si riscontra la sigla F (fig. 4) che indicherebbe la collaborazione a questa testata di Edmondo Fontana[8], un nome importantissimo per la storia dell’illustrazione ferrarese e sul quale ritorneremo a breve, cui per affinità stilistica, possiamo attribuire buona parte delle restanti illustrazioni.

Fig. 4 – “Il Chichett da Frara”, anno VIII, 38, 22 -23 settembre 1889, p. 1 (part.)
Illustrazioni che, in verità, non sono moltissime. Spesso occupano la prima pagina della rivista alla stessa maniera de “Il Vespertilio”, con il quale il “Chichett da Frara” sembra condividere, oltre all’impostazione grafica, anche il tratto del disegno: una similarità che lascia supporre l’intervento di medesime mani (figg. 5 e 6).

Fig. 5 – “Il Chichett da Frara”, 12, 25 -26 marzo 1883, p. 1
E anche in questo foglio le vignette – forse proprio perché frutto della stessa sensibilità artistica – non hanno quello spirito veemente e impetuoso che ci si attenderebbe dall’illustrazione satirica, sebbene, in ultima analisi, il suo umorismo porti con sé la garanzia della risata.

Fig. 6 – “Il Vespertilio”, anno I, 8, 4 -5 maggio 1879, pp. 2-3
“L’Ippogrifo”
Tra i periodici umoristici ferraresi incontriamo in seguito “L’Ippogrifo” che si presenta più interessante rispetto ai precedenti. Pubblicato nel 1890 in occasione delle elezioni politiche del 23 novembre sotto la direzione di Temistocle Bottoni, il periodico si compone di quattro pagine, la prima interamente illustrata con vignette di argomento elettorale.
La dichiarazione d’intenti con cui si presenta ai lettori sul primo numero è una concisa e pungente osservazione sulla situazione giovanile contemporanea. L’editoriale ironicamente intitolato Gioventù Dorata punta il dito verso le nuove generazioni accusandole di essere “distanti dalle cose del paese” e si propone attraverso le sue pagine di colmare questo vuoto. Tuttavia, “L’Ippogrifo” non tratta argomenti di politica nazionale ma si concentra, come consuetudine, sulle vicende di casa propria. Le simpatiche vignette hanno come soggetto prediletto l’on. Severino Sani, meglio noto come “Sugherino Insalubre”, soprannome – ironico ma offensivo – assegnatoli dalla redazione[9]. Il dibattito politico su queste pagine è intenso e agguerrito e le illustrazioni, che occupano per intero la prima pagina della rivista, si propongono come un succinto riassunto di quanto si andrà a leggere in seguito.

Fig. 7 – “L’Ippogrifo”, 13 novembre 1890, p. 1
La prima pagina di questo foglio è dunque un vero e proprio piccolo manifesto visivo, tutto incentrato sulla sola efficacia comunicativa dell’immagine, finalizzato a invogliarne l’acquisto. Tuttavia, anche in questi disegni l’aspetto caricaturale non è mai estremizzato, sebbene la percezione di un senso parodistico e burlesco sia piuttosto immediata. Nel loro insieme le illustrazioni sono abbastanza piacevoli, senza tuttavia arrivare mai a esiti di elevata qualità per quel che riguarda il tratto. Ciò invece che sembra più interessante è l’impostazione grafica di questo foglio. I disegni sono inquadrati entro delle strisce con un andamento narrativo dall’alto verso il basso che sembrano quasi le antenate delle moderne strips dei fumetti. Allo stesso modo il testo scritto a mano che le accompagna, potrebbe essere oggi racchiuso in una nuvoletta da comix (fig. 7). Strisce che da sole sono sufficienti ad attrarre l’attenzione del lettore e portarlo nel vivo della cronaca locale. Si veda ad esempio la simpaticissima prima pagina del 21 novembre 1890 dove “L’Ippogrifo” fa letteralmente a pezzi “L’Oca” (fig. 8), ossia il giornale legato ai democratici e alla figura dell’On. Sani.

Figg. 8 – “L’Ippogrifo”, 21 novembre 1890, p. 1
In questo numero cambia anche la testata. Si abbandona il carattere morbido e arzigogolato fin qui usato, in favore di un “font” più geometrico e in grado di trasmettere un maggiore senso di aggressività. Le figurine belle époque che tenevano in mano il foglio stesso, quasi a dire compratemi, sono sostituite da un bell’ippogrifo che pare fare il verso al cavallo troiano, avanzando su ruote con chiari intenti belligeranti. E su questo foglio compare per la prima volta per estesa la firma di Anatnof, pseudonimo usato dall’illustratore e artista Edmondo Fontana, che altro non è che il suo cognome scritto al contrario e che userà da qui in poi, per siglare i suoi disegni alternativamente alla sola f[10].
“Usel Grifon”
Nel 1894 è la volta dell’“Usel Grifon”, stampato dalla tipografia degli Operai Compositori, diretto da Giovanni Panini in collaborazione con Augusto Bernardello[11]. La pubblicazione mostra sulle pagine centrali illustrazioni caricaturali piacevoli e spassose, spesso inerenti descrizioni di gare ciclistiche. Questi disegni sono per la maggioranza privi di firma. Tuttavia, sul n. 10 del 24 giugno (fig. 9) e sul n. 18 del 19 agosto, ecco che compare nuovamente la firma di “Anatnof”. Altre sigle, numerose e varie, appaiono tra le pagine dell’“Usel Grifon” affianco alle rispettive illustrazioni[12], fra le quali si nota spesso la nota F che è chiaramente e, ancora una volta, quella del Fontana.

Fig. 9 – “Usel Grifon”, 10, 24 giugno 1894, pp. 2-3
È altrettanto possibile che anche le restanti sigle siano un vezzo usato dall’artista ferrarese non riscontrando tra le illustrazioni variazioni stilistiche significative da indurre a ipotizzare una mano differente. Sicché, a queste date, Edmondo Fontana sembrerebbe essere l’unico e il solo motore della macchina illustrativa ferrarese, dimostrandosi sulle pagine dell’”Usel Grifon” un colto e raffinato disegnatore umorista. Tuttavia, l’artista non si lascia mai andare a slanci caricaturali troppo veementi. Se si osserva, infatti, in particolare il n. 14 del 23 luglio 1894 (fig. 10) si noterà come i tratti dei volti raffigurati non siano mai eccessivamente espressivi, incentrando sul solo ingrandimento delle teste tutta l’intenzione caricaturale.

Fig. 10 – “Usel Grifon”, 14, 23 luglio 1894, pp. 2-3
Edmondo Fontana e la “scuola” d’illustratori ferraresi
Un periodico diverso, da quelli fin qui citati, inizia a circolare nel 1897 e corrisponde al titolo di “Pupazzetto Anatnof” bimensile, umoristico e illustrato dal nostro, ormai noto, Edmondo Fontana[13]. Questa rivista, tuttavia, non rappresenta una novità assoluta nell’ambito delle pubblicazioni di carattere umoristico. Esso, infatti, si colloca nella coeva tradizione dei cosiddetti fogli satirici “pupazzettati”, apparsi e scomparsi in tutta Italia tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
Una tendenza, tuttavia, recepita sul territorio ferrarese con un ritardo di circa dieci anni rispetto alle pubblicazioni dei primi “pupazzetti”. Ricordiamo, infatti, che risale al 1886 “Il Pupazzetto”, rivista mensile illustrata di Gandolin (Luigi Arnaldo Vassallo) editata a Roma, alla quale seguono nel 1881 il “Il Pupazzetto” di Padova, nel 1894 “Il Pupazzetto” di Bologna e “Il Pupazzetto milanese”[14]. Esso, inoltre, non rappresenta nemmeno un unicum per la stessa città di Ferrara, in quanto alla medesima data è stampato e circola un’altra pubblicazione: “Il Pupazzetto Ferrarese” (fig. 11). Purtroppo, le informazioni relative a quest’ultimo foglio sono scarsissime[15], inoltre i disegni, pochissimi per la verità e privi di firma, sono semplicissimi e piuttosto banali e senza alcun valore artistico rilevante. Ciò che ci interessa è soltanto l’informazione concernente alla sua esistenza, utile a inquadrare la tendenza in questo preciso momento storico per la città, che tenta, sebbene con ritardo, di aggiornarsi e realizzare dei prodotti umoristici al passo con i tempi. È evidente, a questo punto, come già rilevato, che a occupare un posto di risalto circa la storia e lo sviluppo della stampa umoristica a Ferrara è la figura di Anatnof, ovvero Edmondo Fontana.

Fig. 11 – “Il Pupazzetto Ferrarese”, 6, 9 maggio 1897, p. 1
Una personalità talmente presente in città – e con la sua penna su ogni foglio satirico che sia pubblicato – da indurre Lucio Scardino nell’avanzare l’ipotesi di una scuola satirica ferrarese[16]. Come giustamente ha rilevato lo storico, l’illustrazione ferrarese di primo-novecento mostra: «[un] innegabile riflesso [della] grande fioritura [legata alla grafica applicata e allo sviluppo del cartellonismo artistico] – un riflesso che – [ha] illuminato anche la realtà provinciale», poggiando il proprio gusto su quelli che Scardino definisce due significativi estremi.
«[…] Da un lato, cioè, gli autori di chine, fregi, cartoline, manifesti tavole illustrative tentavano il recupero degli ornati rinascimentali o – per meglio dire – continuavano ad adagiarsi nell’eclettismo storicistico che nell’Ottocento aveva contraddistinto a Ferrara il cosiddetto gusto «neoestense»: e così alcuni autori s’ispiravano ancora a ricami, candelabre, putti giocosi, motivi a grottesche riproposti con umbertino calligrafismo. Altri illustratori, invece meditavano sulle novità moderniste che nelle capitali europee (Parigi e Vienna, soprattutto) portavano avanti quegli artisti liberty che ricercavano nuove soluzioni espressive nelle linee ondulate e sinuose di fiori e piante […]»[17].
È proprio la figura di Edmondo Fontana che: «[…] nell’eseguire migliaia di opere grafiche riuscì a far convivere spesso i richiami alla tradizione rinascimentale estense (nella fattispecie alle xilografie degli incunaboli), un realismo dettagliato […] con le movenze ondulate del gusto floreal-simbolista […]»[18].A tale proposito, continua Scardino: «[…] Assai significativa per intendere il suo peculiare eclettismo è la copertina della rivista letteraria (ma altresì di «scienze, arti, moda, varietà») «Il Duca», edita a Ferrara fra il 1908 e il 1910, dove Fontana propose con gusto calligrafico una colonna rinascimental-rossettiana con capitello composito, nella cui parte superiore era inscritto il titolo della testata, con lettering gotico-quattrocentesco […]»[19].
È un gusto, quello d’intendere l’illustrazione da parte di Fontana, al quale si equilibrano, all’alba del secondo decennio del XX secolo artisti come Carlo Parmeggiani, autore della copertina della rivista «Schifanoia» del 1910-1911, della carta intestata della «Glisentiana-Fotografia Artistica», del ritratto di Giovanni Boccaccio per “Myracae”, con testata liberty di Fontana, e molto altro ancora[20]. Si osservi poi un’altra importante rivista ferrarese di questo periodo: l’“Orifiamma” dove non manca l’apporto del nostro abile Fontana[21] ma che si contraddistingue per la presenza dell’illustratore Amerigo Ferrari, principale e unico autore della testata[22] indicato, ancora una volta da Lucio Scardino, come: «ideale successore di Fontana [nonché] protagonista della storia della grafica ferrarese del primo ‘900»[23].
All’alba degli anni Venti e poco oltre, gli illustratori e decoratori ferraresi, teorici titolari dell’eredità stilistica di Edmondo Fontana non sono pochi e si avvicendano sulle più note e diffuse riviste della città, e non solo, in raffinati esercizi di grafica illustrata[24]dove, non mancano eleganti richiami al mondo delle stilizzazioni della Secessione viennese, a quelle del decoro maturate sull’esempio di Galileo Chini e più in generale a quelle del simbolismo di marca mitteleuropea. Seguendo questo discorso, pertanto, trova conferma l’idea di una “scuola” d’illustratori ferraresi che vede in Edmondo Fontana l’iniziatore e il capostipite, le cui radici, tuttavia, vanno certamente fatte risalire già alla fine del XIX secolo in quelle originali e ilari prove di disegno umoristico, dove l’artista ferrarese offre il proprio talento artistico diventando al contempo, l’esempio da imitare per molti, alcuni ancora purtroppo ignoti, disegnatori.
Tornando, dunque, al “Pupazzetto Anatnof”[25] è in particolare nella figura di copertina che Fontana mostra il meglio di sé: una bella ed elegante figura femminile in stile Belle Époque (fig. 11) tale da valergli un posto nel Dizionario degli illustratori Simbolisti e Art Nouveau[26]. Figura che sul n. 5 cammina a gambe scoperte e in equilibrio su quello che sembra un globo terrestre (fig. 12) la cui iconografia, secondo Turola[27], sarebbe da associare agli automi di fine Ottocento e ricorderebbe Mélies – in riferimento al celebre manifesto del film Le voyage dans le lune – e la maniera illustrativa di Grandville.

Fig. 12 – E. Fontana (Anatnof), “Il Pupazzetto Anatnof»”, 5, 18 aprile 1897, p. 1
Sebbene le suggestioni iconografiche proposte da Turola siano abbastanza convincenti considerato che, il periodo tra il 1860 e il 1910 è proprio quello in cui fiorisce l’interesse per il genere degli automi, anche se la pellicola di Mélies (fig. 13) esce solo nel 1902 (e trattasi di una luna e non di un globo terrestre)[28] e che, il legame a Grandville, certamente punto di riferimento nella formazione dell’artista, si potrebbero rintracciare nella copertina di Un Autre Monde del 1844, contraddistinta dalla presenza di un globo terreste, sono forse solo sufficienti gli evidenti richiami alla generale grafica Art Nouveau a spiegare la copertina del “Pupazzetto Anatnof”.

Fig. 13 – Georges-Melies, Le voyage dans la lune, 1902
Si tratta, infatti, di un’immagine che semmai dimostra ancora una volta come l’artista ferrarese avesse assimilato e fatta propria la lezione modernista[29], aggiungendovi quel personale tocco di “neo-rinascimentalità” se vogliamo, che si riscontra, ad esempio, in alcune elegantissime cartoline che realizza nel 1900 e sulle quali la critica non ha esitato a riconoscergli eccellenti doti disegnative[30] (fig. 14).

Fig. 14 – E. Fontana, Cartolina illustrata, 1900
Il resto dei disegni presenti all’interno del “Pupazzetto Anatnof” sono, al contrario della copertina, meno pretenziosi e per necessità più semplici; per l’appunto “pupazzettati”. Sono abbozzi piacevoli e spassosi, ma in questo caso, ancora una volta, il tratto di Fontana, ossia il suo modo di fare caricatura, non è mai particolarmente sagace. Anche se, quando si fa scherno, ad esempio, senza esclusione di colpi dei partecipanti all’annuale Esposizione organizzata a Palazzo dei Diamanti dalla società Benvenuto Tisi da Garofalo alla quale – guarda caso – egli è escluso[31] (per poi parteciparvi l’anno successivo), il suo umorismo e la sottesa ilarità del suo disegno riesce ad essere graffiante quanto basta.
Centralità di Edmondo Fontana
Comunque sia e aldilà di tutto, Edmondo Fontana è senza dubbio la figura più importante e centrale nello sviluppo della storia dell’illustrazione umoristica ferrarese di primo ‘900 che, per quanto legato a un ambiente produttivo squisitamente locale, un giudizio sul suo lavoro non può prescindere dal confronto con il generale clima Liberty che avvolgeva all’epoca il Paese. Tale affermazione trova riscontro nelle parole del già citato Turola quando, per contestualizzarne il profilo artistico, lo storico si esprime nei suoi confronti dicendo: «Edmondo Fontana ha il merito di aver innestato stilemi Art Nouveau nel ceppo dell’aurea tradizione rinascimentale e dell’accademismo (o verismo) umbertino […] egli ricerca il sublime (non il bello) ma del grottesco. Lo stile floreale è per lui sinonimo di estetismo, ma non mistico né simbolista, ma superficiale e decorativo»[32]. Un merito, questo, che secondo Turola sarebbe indice di un genuino sapore ludico e fantasioso, tipico di tutta la sua produzione. Tuttavia, sebbene Fontana sia stato un uomo certamente molto creativo, giocoso e pieno di fantasia, la sua produzione d’illustrazione satirica, non arriva mai a esiti eccessivamente deformanti la fisionomia dei personaggi ritratti, tali da giustificare, a mio parere, un’attendibile ricerca del sublime nel grottesco.
È molto più interessante, invece, il concetto di estetismo prettamente decorativo che, per l’appunto, mostra la perfetta assimilazione della lezione Liberty di Fontana coniugata alla nobile tradizione estense degli ornati. Una leggerezza di tratto che, per taluni aspetti, si riscontra anche nelle immagini ironiche dei suoi pupazzetti dove, una ricercata espressività si mescola alle maniere di noti illustratori italiani a suggestioni d’oltralpe, con particolare attenzione a quelle d’impronta francese.
Secondo la sensibilità di Turola, infatti, la maniera illustrativa di Anatnof ricorda Golia per il segno grafico, Antonio Rubino per il gusto pupazzettato, Paolo Antonio Paschetto per il grafismo garbato, Nasìca nei tratti caricaturali e ancora Fernand Fernel, collaboratore di “Le Rire”, Testevuide – Jean Saurel e Henri Riviere autore degli albi stampati per il cabaret “Le Chat Noir”; e continua sostenendo che l’arte di Fontana guarda anche agli illustratori Francesi di Jules Verne: Fèrat, Benett e Roux, ad Alfonse Mucha, John Patrik Campbell, Theodor Kempf Hartenkampf, George De Feure, Kdomoser e Joseph Olbrich. Sono sollecitazioni molto ambiziose ma certamente da non escludere nella formazione dell’artista ferrarese, naturalmente declinate verso un’attenzione a dinamiche locali compiacenti il gusto artistico cittadino[33]. Purtroppo, il “Pupazzetto Anatnof” chiude i battenti nel giugno del suo stesso anno di nascita e di Edmondo Fontana illustratore umorista non si hanno più tracce per circa un decennio[34]. Non sono anni di silenzio però, nel corso dei quali l’artista lavora in città impegnato nella produzione di cartoline postali, pergamene di laurea, manifesti pubblicitari, illustrazione di novelle e varie partecipazioni a mostre, oltre alla firma nel 1902 della testata del “Matto”.

Fig. 15 – “La Macchietta Ferrarese”, anno I, 1, 9 febbraio 1908, p. 1
Per ritrovare il nome di Anatnof si dovrà pertanto attendere il 1908 quando esce “La Macchietta Ferrarese” sotto la direzione di Umberto Guerresi stampato presso la Tipografia Minarelli di Bologna[35] (fig. 15). La pubblicazione è ricca d’illustrazioni varie e anche piuttosto interessanti, molte delle quali siglate come provenienti “Dall’Album di Anatnof” (fig. 16); fatto che attesta la partecipazione diretta di Fontana alla direzione di questo quindicinale illustrato. Tuttavia su “La Macchietta Ferrarese” si registra per la prima volta un numero esorbitante di sigle e firme che accompagnano le illustrazioni, fatto che effettivamente lascia spazio all’idea che il Fontana abbia avuto dei veri e propri seguaci nell’avventura di raccontare per immagini la città estense[36].

Fig. 16 – “La Macchietta Ferrarese”, 17 maggio 1908, p. 2, (part.)
È molto probabile anzi, che egli abbia avuto in questa pubblicazione, il ruolo di vero e proprio direttore artistico. A sostegno di quest’affermazione vi è la notizia che possiamo leggere sul numero datato 17 maggio 1909, dove è segnalato il premio del concorso per la nuova testata. Sono due le illustrazioni vincenti, la prima a firma RISO e la seconda GIOVENALE che compaiono dal 30 agosto 1909 a seguito del responso della giuria composta dai professori: Carlo Pagani, Angelo Diegoli, Giacomo Diegoli (firma quest’ultima che ritroviamo spesso tra le illustrazioni del periodico) e dall’artista Edmondo Fontana (fig. 17).

Fig. 17 – “La Macchietta Ferrarese”, 17 maggio 1908, p. 2, (part.)
Le illustrazioni sono davvero tante e le caricature realizzate dalle diverse mani che collaborano alla rivista sono piuttosto avvincenti e sufficientemente spregiudicate come richiede quest’arte. Probabilmente, a contribuire a un tono più graffiante delle illustrazioni, potrebbe essere stato che la stampa della rivista sia avvenuta a Bologna, conducendo implicitamente il curioso Fontana a sollecitare i disegnatori de “La Macchietta Ferrarese” ad aggiornarsi sui modi dei più audaci vicini di casa. Ricordiamo, infatti, che a queste date, nella città felsinea continua a circolare il “Papagallo” di Augusto Grossi, nel 1907 esce “Bologna la grassa” gestita dall’ex redazione di “Ehi! Ch’al scusa”, nel 1909 si pubblica “Il Fittone” le cui caricature sono opera di Nasìca e non dimentichiamo, infine, “Il Mulo” che nasce in risposta alla politica anticlericale promossa da “L’Asino” di Podrecca e Galantara, che veniva stampato presso la Tipografia Minarelli, la stessa di cui si serviva, per l’appunto, “La Macchietta Ferrarese”.

Fig. 18 – E. Fontana (Anatnof), “L’Analfabeta”, 10 ottobre 1913, p. 2
La carrellata sulla stampa umoristica ferrarese continua con l’“Analfabeta”, uscito il 13 ottobre 1913, diretto da Leonello Capito e stampato anch’esso a Bologna presso la Tipografia Berti[37]. Come il resto dei fogli umoristici ferraresi esso racconta dei fatti della città deridendo i politici più illustri ed è arricchito da sciarade, barzellette e poesie dialettali come vuole la tradizione di questo genere. Le illustrazioni, non moltissime per la verità, sono semplici e graziose dal tratto pulito e lineare, riconducibili, anche in questo caso, alla mano di Anatnof (fig. 18); di cui se ne accerta la collaborazione, oltre che per via stilistica, per la presenza della firma in basso a destra che accompagna la vignetta intitolata Epifania Comacchiese presente sul n. 2 datato 18 ottobre 1913[38]. Infine, chiude questa breve rassegna sui periodici umoristici illustrati editi a Ferrara fra la fine dell’Ottocento e primi due decenni del Novecento, un’ultima testata pubblicata nel 1919: “Il Riso…senza tessera”, periodico stampato alla tipografia Bresciani di Ferrara sotto la direzione di Guglielmo Bacilieri[39]. E sulle sue pagine incontriamo un’ultima volta Anatnof e le sue illustrazioni[40], il quale dagli anni Venti in poi presterà il proprio genio a pubblicazioni di matrice più politica giungendo nel 1924 a collaborare con “Il Balilla” settimanale della federazione ferrarese del Partito Nazionale Fascista[41]. Questa però è un’altra storia.
Note
[1] La bibliografia sull’argomento è vastissima. Tra i contributi più significativi sulla storia della caricatura e sul suo significato cfr.: H. Bergson, Il riso. Saggio sul significato del comico, prima ed. 1900, trad. it. A. Cervesato, C. Gallo, Bari 1990; E. Gombrich e E. Kriss, Caricature, Londra 1940; Gec (E. Gianeri), Storia della caricatura europea, Firenze 1967; A. Brilli, Dalla satira alla caricatura. Storia, tecniche e ideologie della rappresentazione, Bari 1985; C. Baudelaire, Dell’essenza del riso e in generale del comico nelle arti plastiche, in Scritti sull’arte (1855), trad. it. G. Guglielmi e E. Raimondi, Torino 1992; S. Morachioli, L’Italia alla rovescia. Ricerche sulla caricatura, Pisa 2013.
[2] Sulla storia della stampa satirica illustrata in Italia cfr.: Gec (E. Gianeri) e A. Rauch (a cura di), Cent’anni di satira politica in Italia: (1876-1976), Firenze 1967; V. Tedesco, La stampa satirica in Italia 1860-1914, Milano 1991; P. Pallottino, Storia dell’Illustrazione Italiana. Cinque secoli di immagini riprodotte (2010), Firenze 2011; Morachioli, L’Italia cit.
[3] Sulla storia di “Italia Ride” si veda: Pallottino Storia dell’Illustrazione cit. pp. 230-232 e 257-260; M. Sironi, Ridere dell’arte. L’arte moderna nella gra ca satirica Europea tra Otto e Novecento, Milano-Udine 2012, pp. 90-95.
[4] I periodici umoristici e di varia cultura ferraresi consultati oggetto di questo studio sono: “Il Vespertilio” svolazza ogni domenica, Tip. Sociale, Ferrara 1879; “Chichett da Frara”, Ferrara 1882; “L’Ippogrifo” Tip. Bresciani, Ferrara 1890; “Usel Grifon” esce ogni domenica, Tip. Operaia compositori, Ferrara 1894; “Pupazzetto Ferrarese” rivista quasi mensile, Tip. Bresciani, Ferrara 1897; “Pupazzetto Anatnof”, Premiata tipografia sociale, Ferrara 1897; “L’Omnibus”, Ferrara 1900; “Il Matto” periodico quindicinale umoristico satirico, Tip. G. Bertoni, Ferrara 1902; “La Macchietta Ferrarese” giornale umoristico satirico – quindicinale illustrato, Tip. Minarelli, Bologna 1908; “Analfabeta” politico satirico umoristico, Ferrara 1913 “Il Riso…senza tessera”, Tip. Bresciani, Ferrara 1919. Per rendersi conto del numero di Numeri unici, periodici umoristici e varia cultura pubblicati in Emilia-Romagna fra la fine dell’800 e il 1930 circa si rimanda all’elenco suddiviso per provincia e al catalogo dei nomi e degli pseudonimi degli illustratori in M.L. Paiato, L’illustrazione umoristica fra Otto e Novecento a Modena. Satira, immagini e ricerche, Pescara 2016, pp. 79-94.
[5] Presso la Biblioteca Ariostea di Ferrara, dove si conserva la rivista, è presente la sola annata del 1879.
[6] L. Maragna, La stampa ferrarese. Giornali e riviste ferraresi (1848-1996), Ferrara 1997, p. 23.
[7] La rivista è conservata presso la Biblioteca Ariostea di Ferrara con lacune consistenti dal 1890 al 1907, data in cui cessa la sua pubblicazione. Maragna, La stampa ferrarese cit., p. 23.
[8] L. Scardino e A. Fabbri, Edmondo Fontana: un grafico ferrarese 1861-1929, Ferrara 1981.
[9] G. Longhi, La mia contrada. Cronache di vita ferrarese riflessa nei caffè, locande, taverne, osterie, ritrovi. Più di cento disegni del pittore Edmondo Fontana, Bologna 1971, p. 20 e sgg.
[10] Maragna, La stampa ferrarese cit., p. 24, parla della collaborazione di Anatnof ma cita altri collaboratori celati dietro pseudonimi ariosteschi: Ippogrifo, Ruggero, Astolfo, Cloridano, mentre è Lucio Scardino in Scardino-Fabbri, Edmondo Fontana cit., a rintracciare per primo la firma di Anatnof e confermarne la collaborazione, spingendosi ad affermare che le fantasiose sigle e firme presenti sull’“Ippogrifo” siano di mano dello stesso Fontana.
[11] Maragna, La stampa ferrarese cit., p. 24.
[12] Sul n. 15 del 29 luglio 1894 l’illustrazione in alto a sinistra è siglata PIR, mentre in altri fogli compare la firma RAS, che sui numeri 20 e 21 del 2 e 8 settembre 1894 e fino al n. 27 del 21 ottobre 1894 è alternata ad una F, mentre sul n. 27 compare la sigla FONT. Sul n. 19 del 25 agosto 1984 le due firme compaiono accorpate: RAS+F. Nel n. 23 del 23 settembre 1894 troviamo infine la firma F & C.
[13] L. Maragna, La stampa ferrarese cit., p. 25.
[14] Una tendenza che continua anche oltre il 1900 con il “Pupazzetto medico” di Roma del 1903, il “Pupazzetto” di Milano del 1905, il “Pupazzetto” di Jesi (s.d.), il “Pupazzetto catanese” (s.d.), il “Pupazzetto dei fanciulli” editato a Lanciano nel 1906, il “Pupazzetto” di Caserta del 1907, il “Pupazzetto goliardico, numero unico” stampato a Recanati (s.d.) e infine il “Pupazzetto” di Cava dei Tirreni (SA) del 1919.
[15] Ne riporta notizia solo Maragna, La stampa ferrarese cit., p.24 e se ne conserva presso la Biblioteca Ariostea di Ferrara soltanto il primo numero.
[16] Scardino-Fabbri, Edmondo Fontana cit., p.18.
[17] L. Scardino, Alcune riviste ferraresi d’arte del primo‘900: appunti sulle loro illustrazioni, “Padania: storia, cultura, istituzioni”, VII, 134, 1993, pp. 212-223.
[18] Op. cit., p. 213.
[19] Op. cit., p. 213.
[20] Op. cit., pp. 214-215.
[21] Sul numero del 24 giugno 1912 è presente la riproduzione di un figurino di Edmondo Fontana pubblicizzante la rivista nello spettacolo politico-satirico “Ferrarioleide”.
[22] Scardino, Alcune riviste ferraresi, p. 215.
[23] Scardino, Alcune riviste ferraresi, p. 215.
[24] Si ricordano qui: Ippolito Medini, autore delle copertine floreali per “La campana dei caduti” bollettino delle vedove di guerra; Giovan Battista Conti, illustratore della testata de “L’angelo della Famiglia”; Mario De Paoli Bellusi artefice dell’immagine grafica di copertina di “Poesia ed Arte”; Annibale Zucchini e Enzo Baglioni ideatori di tavole fuori testo per la medesima rivista. Scardino, Alcune riviste ferraresi, pp. 216-218. Infine si rammenta anche la figura di Giovan Battista Longanesi, non solo attivo in città, ma anche illustratore di “Italia Ride” (L. Scardino, Miniature scolpite. Giovan Battista Longanesi a 150 anni dalla nascita, “MuseoinVita, Musei di Arte Antica del Comune di Ferrara | Notizie e approfondimenti”, 2, 2015, online) e quella di Antonio Maria Nardi, anch’egli importantissimo illustratore fra Bologna e Ferrara (P. Pallottino (a cura di), Fate soavemente scarmigliate. Antonio Maria Nardi illustratore, 1897-1973, Ferrara 1998.
[25] G. Turola, Un illustratore agnelliniano: Edmondo Fontana tra Neo-estense e Art Nouveau, in C. Di Francesco e L. Scardino (a cura di), Giuseppe Agnelli. Restauro e arti figurative a Ferrara tra Ottocento e Novecento, Ferrara 1991, pp. 125-153.
[26] G. Fanelli, E. Godoli (a cura di), Dizionario degli Illustratori Simbolisti e Art Nouveau, Firenze 1990.
[27] G. Turola, Un illustratore agnelliniano cit., p. 135.
[28] Il periodo compreso tra il 1860 e il 1910 è noto anche come “l’età d’oro degli automi”. In quegli anni prosperavano a Parigi numerose piccole imprese familiari di costruttori di automi fra i quali si annoverano: Vichy, Roullet & Decamps, Lambert, Phalibois, Renou e Bontems.
[29] Per una breve storia del Liberty a Ferrara cfr: E. Mattaliano, Appunti sul Liberty a Ferrara, s.l. 1974.
[30] L. Scardino (a cura di) L’angolo del “liberty”: la sottile ironia di Edmondo Fontana, “Nuova civiltà. Mensile indipendente di cultura, arte, turismo, attualità”, II, 3, 25, 1977, p. 25, e Id., Sirene di carta: 120 manifesti e cartoline ferraresi dal 1860 al 1960, Ferrara 1984.
[31] Sul n. 4 del 18 aprile 1897 Edmondo Fontana se la prende con le scelte artistiche di Augusto Droghetti, l’allora Direttore della Pinacoteca e, a ruota, con Magrini, Forlani, Lolli, Donati, Marchegiani, Cariani, Massarani, Sidoli, Ravegnani, Bottagisio, la Chally, Lupis, Sartorelli, Mazzolani, Cappati, Cavalieri, Ciardi, Petiti, Cabrini, Bongiovanni, Pasetti, Mangilli, Pirani, Legnani, Bottero, Dossani, Lugaresi e Bernagozzi; per poi riprendere sul n. 5 del 24 aprile le sue invettive contro l’opera di Previati, Reicend, Placchi, De Albertis, Laurenti, Barbierina, Lucchelli e Longanesi e, nella scultura, verso Mallarini, Barbieri e tutti i partecipanti.
[32] G. Turola, Un illustratore agnelliniano cit., p. 127.
[33] G. Turola, Un illustratore agnelliniano cit., p. 131-132.
[34] Scardino-Fabbri, Edmondo Fontana cit., p. 20.
[35] Maragna, La stampa ferrarese cit. p. 45, segnala l’uscita della pubblicazione con data 10 ottobre 1908, ma l’informazione è scorretta in quanto il primo numero è datato 9 febbraio 1908.
[36] La maggioranza dei disegni è accompagnata da una firma non immediatamente leggibile: macia, MASTA o MASIA, graficamente caratterizzata dall’iniziale somigliante a un omega tagliata verticalmente nel centro così da suggerire il senso di una M o N. Inoltre si osservano: FA sovrapposte fra loro, RIO, T inserita in un cerchio, ML a volte sovrapposte, altre semplicemente accostate, at, cr, p. arricchita da una curva sotto la lettera, sf, sky, ay!, tr, gns, yam k, br e ancora altri nomi tra i quali: nogi, crani, oris, max, marchetti, grfla (o IERFLA non pienamente leggibile), garo, mario gelodi, pecoraio e pasquino. Infine GIUS DIEGO ovvero Giuseppe Diegoli, noto ingegnere e futuro architetto di edifici fra i quali si ricorda “Il Caffè Panfilio”, capolavoro dell’Art Decò ferrarese.
[37] Maragna, La stampa ferrarese cit. p. 46.
[38] Scardino-Fabbri, Edmondo Fontana cit., p. 35.
[39] Maragna, La stampa ferrarese cit., p. 46.
[40] In particolare si osservano le illustrazioni: Caporetto e Caporotto e il Tugnin, noto senza tetto di Ferrara che cammina di spalle, quest’ultima utilizzata per la copertina del volume di Longhi, La mia contrada cit., p. 20 e sgg, e già pubblicate in Scardino-Fabbri, Edmondo Fontana cit., pp. 120 e 125.
[41] Scardino-Fabbri, Edmondo Fontana cit., pp. 38-39.
Pubblicato su “MuseoinVita” | 9-10 | 2019