Un nuovo allestimento per il Museo Schifanoia
Pubblicato su “MuseoinVita” | 9-10 | 2019
Il complesso architettonico di Palazzo Schifanoia è costituito da due principali corpi tra di loro connessi, chiaramente distinguibili e riconducibili a due diverse fasi costruttive.
Il primo nucleo, al quale si accede dal passaggio che collega via Scandiana al giardino interno, risale al 1385 ed è composto da ampie sale a doppia altezza tra loro collegate. Questi ambienti, ariosi e luminosi, si affacciano sulla strada e sulla corte verde retrostante. Un ricco apparato decorativo, ora in forma di molteplici lacerti di affreschi risalenti al periodo trecentesco, adorna questa parte dell’edificio, raccontando le sue evoluzioni storiche. La ricchezza pittorica e cromatica di tali superfici si confronta con solai lignei a cassettoni dove i fini decori hanno perso l’originale lucentezza, lasciando prevalere i toni scuri del materiale.

Fig. 1 – Esempio di soppalco realizzato negli anni Ottanta (foto d’epoca)
Nel corso degli anni Ottanta, nel quadro del recupero ad uso museale di questa porzione del Palazzo, le sale sono state arricchite (Fig. 1) con soppalchi costituiti da imponenti strutture metalliche reticolari finalizzate a visualizzare da vicino i resti delle decorazioni parietali e ad accedere allo scalone ottocentesco che porta al Salone dei Mesi[1]. In questo stesso contesto, le pavimentazioni sono state realizzate in graniglia di cocciopesto.
Il secondo corpo di fabbrica risale al XV secolo, al periodo di Borso d’Este, con un’aggiunta successiva voluta da Ercole I. Questa parte del Palazzo, che si articola su due livelli, è caratterizzata da una successione continua di ampie sale finestrate su entrambi i lati. Se il piano terra oggi non conserva tracce rilevanti di apparati decorativi, a parte piccoli lacerti pittorici di quella che probabilmente era la loggia che definiva l’affaccio al giardino, il piano nobile, invece, annovera oltre al noto Salone dei Mesi diverse sale di pregio.
Tra queste, sono da citare la Sala delle Virtù, caratterizzata da un importante soffitto realizzato da Domenico di Paris decorato e abbellito da ricchi stucchi, e la cosiddetta Sala Marmi, che racchiude significative tracce dell’apparato decorativo che adornava le facciate del Palazzo in epoca quattrocentesca[2].
I lavori di restauro e di consolidamento di Palazzo Schifanoia, necessari a seguito del sisma che ha colpito l’Emilia Romagna nel 2012, sono diventati l’occasione per ripensare l’intero complesso espositivo. In tal senso, la Direzione dei Musei di Arte Antica ha sviluppato un progetto museografico incentrato non più su singoli nuclei collezionistici, ma su un racconto storico e artistico ampio e trasversale, capace di mettere le opere in relazione tra di loro e con l’importante edificio storico, e di creare racconti e storie in maniera innovativa e contemporanea. La collaborazione dello studio QB Atelier nasce in questo contesto con l’intento di dare forma a questa idea di un museo moderno, affascinante e rispettoso del contenitore storico. Un Museo che, auspicabilmente, verrà inaugurato nel marzo del 2021.
Un nuovo allestimento per nuove esigenze espositive
L’obiettivo del nuovo allestimento è quello di dare rilievo all’importante patrimonio storico e artistico del Museo Civico, composto da una ampia varietà di reperti, sculture, quadri, medaglie, monete e altre opere legate al patrimonio estense, costruendo al tempo stesso un percorso capace di valorizzare l’intero Palazzo Schifanoia e la sua eredità storico-artistica.
Omogeneità, reversibilità, flessibilità, adattabilità, e leggerezza sono i criteri che hanno guidato l’intero progetto.
La complessità e la varietà degli spazi che caratterizzano l’edificio, la molteplicità di situazioni e tracce testimoniali dello stesso Palazzo, la grande varietà di opere presenti nel percorso espositivo, hanno richiesto un approccio sensibile ed empatico, con il quale si è cercato di definire un sistema-allestimento omogeneo e coerente, e al tempo stesso di declinare tale visione in soluzioni specifiche, capaci di inserirsi in maniera armonica e contemporanea all’interno degli ambienti che articolano l’importante contenitore storico.
Per raggiungere questo obiettivo si è deciso di comporre l’allestimento con forme e volumi essenziali che traducano in scelta estetica le rigorose necessità espositive.
Tutti i nuovi corpi sono stati trattati con un’unica matericità color bronzo scuro che si sposa armoniosamente alle cromie del contesto e dichiara la sua presenza in modo discreto. Nasce così un percorso espositivo omogeneo, identitario, e al contempo flessibile, capace di adattarsi alle molteplici esigenze del museo, all’interno del quale è possibile mettere in evidenza i principali nuclei che caratterizzano il percorso museografico: le sale del fabbricato tardo trecentesco, il Salone dei Mesi, le sale del piano nobile e quelle del piano terra nell’ala quattrocentesca.
Il percorso espositivo prevede, come da tradizione, l’ingresso al Museo dall’androne principale del piano terra, sul quale si affaccia la nuova biglietteria e dal quale si accede all’ala trecentesca (Sale 1-10), prima parte del percorso espositivo che poi prosegue al piano nobile, attraversando il Salone dei Mesi e tutti gli spazi che si susseguono fino a raggiungere la Sala Marmi (Sale 12-17). Da quest’ultima, il percorso espositivo ridiscende al piano terra e passa dalle sale recuperate a seguito dei lavori edili post sisma (Sale 18-21) fino a concludersi ritornando alla biglietteria-bookshop.
La reversibilità del progetto, componente essenziale quando si lavora all’interno di un contenitore storico del valore di Palazzo Schifanoia, permette di ripristinare senza difficoltà condizioni preesistenti. Per tale ragione gli elementi costituenti l’allestimento sono stati progettati come oggetti indipendenti e, di conseguenza, facilmente removibili.
La flessibilità e l’adattabilità sono altri obiettivi fondamentali di un buon sistema espositivo; obiettivi che in questo caso sono stati garantiti concependo le teche come contenitori neutri, semplici, protetti con il vetro ove necessario, nei quali le opere si appoggiano a basi indipendenti, facilmente sostituibili. Il risultato è un sistema che permette di aggiornare e arricchire il percorso museale senza modifiche sostanziali, ma agendo semplicemente sulle basi, in modo puntuale ed economico.

Fig. 2 – Le teche della ceramica e delle medaglie nella mostra: “Schifanoia e Francesco del Cossa. L’oro degli Estensi”, 2 giugno 2020 – 10 gennaio 2021
Il criterio della leggerezza, infine, è stato declinato nel duplice rapporto Palazzo-sistema espositivo e sistema espositivo-opere d’arte. Nel primo caso, teche e pannelli sono leggermente sollevati dal suolo o distaccati dai muri esistenti, creando un rapporto dialettico e di delicato confronto. Nel secondo, le opere sono pensate come sospese all’interno delle teche (Fig. 2), elementi leggeri che quasi galleggiano nel vuoto, sensazione amplificata dal sistema d’illuminazione che concentra fasci luminosi sulle singole opere, lasciando in penombra lo spazio circostante.
Gli elementi dell’allestimento
L’allestimento è caratterizzato da alcune tipologie che si ripetono e si articolano a seconda delle esigenze. In particolare sono stati concepiti i seguenti elementi:
- Teche alte
- Teche basse
- Pareti
- Basi con pannello
Le teche alte sono concepite come elementi semplici, costituti da una struttura a “C” di altezza 220 cm (o superiore) e larghezza variabile, color bronzo scuro. Questa teca, a seconda dell’opera da esporre, può essere chiusa sui tre lati con vetro, mentre mantiene sempre la schiena chiusa con una lastra opaca. Tale elemento, oltre a compiere una funzione meramente strutturale, permette di integrare gli impianti e le descrizioni delle opere. Il “cielo” della teca integra tutti i sistemi di illuminazione necessari a valorizzare la sala e le opere stesse. All’interno di tale tipologia di teca sono presenti specifiche basi di supporto alle singole opere, declinate a seconda del tipo di opera.
Le teche basse sono principalmente concepite come “pozzi” e sono realizzate da strutture opache color bronzo scuro sui quattro lati e da una lastra di vetro nella parte superiore. Il sistema di illuminazione è declinato a seconda delle singole opere e integrato nelle basi. Le pareti espositive si articolano come “muri” e contengono al loro interno teche o spazi appositi destinati all’esposizione delle opere. Tali elementi sono realizzati da strutture color bronzo scuro e integrano i sistemi di illuminazione, cablaggio e quanto necessario al sistema illuminotecnico. Le basi sorreggono la statuaria e sono concepite come semplici volumi, completati da quinte di sfondo color bronzo scuro.
Le sale della Delizia originaria
Nella cosiddetta “ala trecentesca” la presenza dei soppalchi caratterizza fortemente gli spazi e suggerisce percettivamente la suddivisione degli ambienti in due categorie omogenee: da una parte si trova, infatti, il “palazzo”, ovvero un ambiente ampio e luminoso che permette la lettura della sala originale, dall’altra, un ambiente più piccolo, in penombra, raccolto al di sotto del solaio in acciaio: quelle che nel progetto abbiamo definito “stanze”[3].

Fig. 3 – Esempio di “quinta” introdotta con il nuovo allestimento nelle sale del Trecento (foto scattata in fase di preparazione del percorso espositivo)
L’elemento di separazione tra questi due ambiti è realizzato con una sequenza di quinte metalliche semitrasparenti che abbracciano gli spazi al di sotto del soppalco (Fig. 3), diventando fondali per le opere e filtri per smorzare l’illuminazione naturale. Il percorso espositivo attraversa, quindi, questi ambienti caratterizzati da due atmosfere molto diverse tra di loro. Il “palazzo” è uno spazio a doppia altezza, luminoso e aperto, pensato per raccontare la sua storia e gli apparati artistici che lo caratterizzano. Le “stanze”, che si presentano come un ambiente intimo e protetto, accolgono le opere che documentano la storia di Ferrara e di Palazzo Schifanoia.
Il Salone dei Mesi
Il progetto illuminotecnico per il Salone dei Mesi, sviluppato dall’architetto Alberto Pasetti dello Studio Pasetti Lighting (per affrofondire, clicca qui), prevede un sistema lineare, continuo e collocato a pavimento composto da una successione di wall-washer (per l’illuminazione diffusa di tutte le superfici verticali) e di proiettori (per focalizzare l’attenzione su alcuni dettagli degli affreschi). L’allestimento del Salone dei Mesi, improntato al criterio dell’essenzialità, nasce con il principale obiettivo di integrare e nascondere tale apparato tecnologico agli occhi dei visitatori. Un unico elemento continuo e brunito, ideato dallo stesso Pasetti, contorna la zona inferiore di tutta la stanza.
Il nostro apporto è stato quello di far dialogare questa struttura con il varco di accesso che, dal 1898, segna l’ingresso nel Salone. Si è pensato che lo stesso elemento si dovesse “alzare” per definire, in corrispondenza del varco di accesso, un nuovo portale. Il progetto risponde ad una doppia necessità: creare una soglia fisica e metaforica tra vano scala al Salone dei Mesi e proteggere il visitatore dall’abbagliamento prodotto dal sistema di illuminazione. Spostando la tenda di velluto si entra in una “dimensione nuova”, eterea. Lì l’attenzione è catturata dalle pareti decorate e illuminate da una fonte nascosta, che non lascia intendere la sua provenienza. Condividendo con Alberto Pasetti la necessità di dare forza a questo mistero, è stato progettato un ingresso capace di nascondere il sistema tecnologico diventando “corridoio oscuro” che conduce alla luce, alla nuova luce. È un passaggio necessario che sottolinea nello spettatore la “sacralità” di ciò che sta compiendo: superare la soglia, il confine che lo separa da un luogo speciale, magico.
Le sale del Quattrocento
Dal Salone dei Mesi, il percorso museale si sviluppa attraverso le sale del Quattrocento, passando prima in quelle del piano nobile, caratterizzate da diversi apparati decorativi e da importanti soffitti cassettonati (Fig. 4), per approdare poi agli ambienti del piano terra, prive di testimonianze storico-artistiche e caratterizzate da un sistema di illuminazione a binario.

Fig. 4 – Sala delle Virtù. Le prime teche realizzate per la mostra: “Schifanoia e Francesco del Cossa. L’oro degli Estensi”, 2 giugno 2020 – 10 gennaio 2021
Queste differenti condizioni hanno fortemente indirizzato le scelte progettuali. Per il primo piano, si è impostato un sistema espositivo pensato per illuminare al contempo gli ambienti e le opere stesse, mentre per il piano terra, potendo sfruttare l’illuminazione a soffitto, si è optato per un sistema più tradizionale di basi e quinte con un’illuminazione dall’alto, con faretti posti su binari perimetrali.
Il progetto di allestimento del nuovo Museo Schifanoia
Progetto
QB Atelier: Architetti Filippo Govoni e Federico Orsini
Consulenza metodi e tecniche espositive
Architetto Lucia Angelini – Fondazione Ferrara Arte
Note
[1] C. Di Francesco, “Il restauro dell’ala trecentesca” in R. Varese (a cura di), Atlante di Schifanoia, Modena 1989, pp. 155-172; C. Di Francesco, Schifanoia. Delizia, “Fabbrica”, Palazzo, Museo, in S. Settis e W. Cupperi (a cura di), Il Palazzo Schifanoia a Ferrara, Modena 2007, pp. 51-82.
[2] R. Varese, La vera facciata di Schifanoia, in “Critica d’arte”, III, 1978, nn. 160-162, pp. 44-66; A. M. Visser Travagli, Schifanoia da “delizia” a Museo, in R. Varese (a cura di), Atlante di Schifanoia, Modena 1989, pp. 141-154; C. Di Francesco, cit., 2007.
[3] C. Di Francesco, cit., 1989; C. Di Francesco, cit., 2007.
Pubblicato su “MuseoinVita” | 9-10 | 2019