Museo Schifanoia 2.0
Introduzione al nuovo percorso espositivo
Pubblicato su “MuseoinVita” | 9-10 | 2019
Nel panorama di quello che è stato spesso definito il “terremoto silenzioso di Ferrara”, ovvero il sisma del 2012, Palazzo Schifanoia ha giocato un ruolo quasi simbolico.
Chiuso per qualche settimana dopo il maggio 2012, poi riaperto parzialmente a seguito di primi interventi di massima, è stato oggetto di un lungo lavoro di preparazione al restauro architettonico che ne ha determinato la chiusura nel gennaio del 2018, dopo aver accolto nell’anno precedente circa 70.000 visitatori.
Tra il 2012 e il 2018 la visita al Palazzo è stata ristretta al Salone dei Mesi e alla Sala delle Virtù. Questa apertura parziale ha portato in qualche modo a dimenticare che Palazzo Schifanoia è, appunto, un palazzo storico, appiattendo ancora di più l’immagine, a livello locale e non, di Schifanoia come “contenitore” del Salone dei Mesi.
A ben vedere questa è un’idea alquanto radicata negli stessi ferraresi e motivata dalla storia: dal 1898, anno di nascita del Museo Civico moderno, per circa 80 anni Schifanoia è stato essenzialmente un luogo composto da tre sale: Salone dei Mesi, Sala delle Virtù e Sala Imprese.

Fig. 1 – Il Salone dei Mesi agli inizi del Novecento in una foto Vecchi-Graziani
Verso la metà degli anni Settanta del secolo scorso, dopo opportuni restauri, comincia l’opera di recupero degli altri ambienti posti al piano nobile dell’ala quattrocentesca e la riconversione di quelli del piano terra (al tempo, piano rialzato) in uffici della Direzione. Nel 1991 si ha l’unione dell’ala più antica, quella trecentesca, con il resto del percorso. Da allora, solo a singhiozzi e fino al 2012, il percorso espositivo è stato una sorta di anello che partiva dall’edificio voluto da Alberto V d’Este per poi transitare sullo scalone ottocentesco e arrivare al Salone dei Mesi, percorrere l’infilata di sale che portava alla Sala Caccia e all’addizione rossettiana, per poi lasciare il museo attraverso il portale del civico numero 27.
In definitiva, nei suoi 120 anni di storia come Museo Civico, il Palazzo è stato integralmente un museo per poco meno di 15 anni.
Questa visione è definitivamente accantonata dopo l’ultimazione del restauro condotto tra il 2018 e il 2020 che ha recuperato un’intera ala, quella degli ex uffici al piano terra, a sale espositive, incrementando di circa 220 mq le possibilità espositive.
Si tratta di una sfida che i Musei di Arte Antica intendono raccogliere, creando una sostanziale discontinuità con le politiche espositive del passato. Non perché peggiori di quelle attuali, beninteso, ma solo perché ormai lontane dalla sensibilità moderna e delle possibilità offerte dalla odierna museotecnica.

Fig. 2 – Prime fasi di installazione del nuovo impianto di illuminazione del Salone dei Mesi nel febbraio del 2020
Schifanoia 2.0
Il nuovo allestimento cerca di dare forma a una necessità primaria: quella di far dialogare il Palazzo con le collezioni civiche. La sfida è quella che affrontano tutti gli allestitori di spazi museali in contesti storici: far convivere l’ambiente connotato e denotante con le necessità espositive legate agli oggetti da mostrare al pubblico.
Schifanoia offre in questo senso difficoltà ancora maggiori, derivanti dall’identificazione “anagrafica” e simbolica con Borso d’Este e con il suo Salone dei Mesi. Identificazione favorita anche dal suo status di pressoché unica testimonianza della cultura delle delizie sopravvissuta con una sua specifica identità.
È giunto il tempo di non disgiungere più Schifanoia dalla funzione che per il Palazzo immaginarono Adolfo Venturi e Giuseppe Agnelli alla fine dell’Ottocento: ovvero quello di un Museo Civico, il primo museo moderno di Ferrara, arricchitosi col tempo fino a diventare uno dei più variegati d’Italia.
Tenere assieme queste due “entità”, farle dialogare, fonderle mantenendo le rispettive identità, ruoli e funzioni, è il compito del nuovo allestimento che, non a caso, riesuma la dizione originaria del museo che Agnelli volle dargli nel 1898 e che ancora campeggia sul portale principale: “Museo Schifanoia”.
Non si tratta di una scelta passatista ma di un cosciente recupero identitario e civico prima di tutto, che si intende declinare al futuro. Per far questo, si abbandona la visione che ha caratterizzato gli allestimenti che si sono susseguiti finora incentrati sui singoli nuclei collezionistici, in favore di un dialogo concreto tra gli oggetti. Un rapporto basato sulle relazioni, di volta in volta, storiche, stilistiche o testimoniali, nella convinzione che il museo, oggi, debba basarsi non solo sul suo statuto di archivio della memoria, ma anche sulla capacità di raccontare una o più storie e di offrire una visita appagante e stimolante.
Un esempio, su tutti il più esemplificativo, riguarda la porzione che si snoda attorno al Salone dei Mesi che è tuttora, ovviamente, il fulcro dell’intero percorso. I dipinti murali realizzati nel 1469 da Francesco del Cossa, Ercole de’ Roberti e altri artisti, finalmente illuminati come conviene a capolavori di simile livello, sono posti in dialogo nelle altre stanze con i preziosi esemplari numismatici, con la ceramica del tempo e con i codici miniati olivetani e certosini. Il tutto per cercare di evidenziare, da un lato, le dinamiche di sviluppo dei modelli figurativi (uno su tutti: l’ossessione per il ritratto dell’età borsiana) con l’obiettivo di far comprendere appieno la fortuna di alcune scelte espressive, il loro sviluppo e, infine, il loro declino; dall’altro, per far emergere con chiarezza la straordinaria caratteristica dell’arte nell’età di Borso, ovvero quella di aver creato un linguaggio “profano e ornato” che travalica i confini della tecnica e le barriere dei generi.
Il tema della relazione tra le opere resta un elemento di fondo in tutte le sezioni del Museo Schifanoia. Queste vanno a documentare la variegata ricchezza delle raccolte civiche e, al contempo, attraverso selezioni, le vicende dei vari nuclei collezionistici, eventi che rendono per certi versi unica la storia dei Musei ferraresi.

Fig. 3 – Prova illuminotecnica per la realizzazione della teca che ospiterà una delle lastre di Andrea Bolzoni
In tale prospettiva, la riapertura del museo vede dopo circa vent’anni il grande rientro nella sua seconda casa – la prima fu, com’è noto, Palazzo Paradiso – del Museo Riminaldi, vero e proprio nucleo fondante dell’identità museale di Ferrara.
Gli apparati didascalici e di supporto (è prevista un’app liberamente scaricabile – piattaforma “MIX, Museum Interaction Experience” – che consente una visita più approfondita ed immersiva) hanno la duplice e sintetica valenza di illustrare il nuovo percorso espositivo e l’evoluzione del Palazzo.
Infine, i tempi: è stata predisposta una riapertura in due lotti: l’ala quattrocentesca del Palazzo (dal Salone dei Mesi alle nuove sale del piano terra, ovvero le sale 12-21) sarà inaugurata entro la primavera del 2021, mentre l’ala trecentesca (le Sale 1-10) entro il settembre dello stesso anno.
Covid-19 e relative crisi sanitario-economiche permettendo…
Il percorso espositivo del Museo Schifanoia
(a cura di Maria Teresa Gulinelli, Elisabetta Lopresti e Giovanni Sassu)
Ala Trecentesca (da settembre 2021)
SALA 1 – Orientamento alla visita.
Sarà qui alloggiato un plastico animato digitalmente che racconterà, in italiano ed in inglese, l’evoluzione dell’area urbana di Schifanoia, dalle origini all’addizione borsiana, sino agli sviluppi moderni.
SALA 2 – Dalla Delizia al Museo
Comincia qui il percorso parallelo tra testimonianze collezionistiche e il luogo nel quale ci troviamo: la cartografia storica e gli oggetti raccolti nelle collezioni di settecentesche di Baruffaldi, Scalabrini e Bellini, embrioni del Museo Civico, illustreranno il ruolo “topografico”, storico e civico di Palazzo Schifanoia nel contesto urbano ferrarese.
SALA 3 – La fabbrica trecentesca di Schifanoia: la delizia di Alberto d’Este
In questa sala, attraverso la ceramica di scavo accostata a reperti della straordinaria collezione di Giovanni Pasetti, verrà evocata la delizia originaria voluta da Alberto d’Este (1347-1393), quella che le fonti descrivono splendente come una «gemma incastonata in un anello». La presenza delle figure dei marchesi e dei duchi estensi diventano da qui in poi il principio aggregatore e storico della narrazione.
SALA 4 – Leonello, il principe umanista
Come documentano gli affreschi ammirabili in questa porzione dell’edificio, anche Schifanoia reca testimonianze preziose dalla raffinata cultura umanistica di Leonello d’Este (1407-1450). Questo ambiente è dedicato a questo tema prezioso e alla documentazione dell’orizzonte cosmopolita della corte estense negli anni che videro a Ferrara la presenza di artisti del calibro di Pisanello (ben presente nelle nostre collezioni) e di opere provenienti da ogni parte d’Europa (come il celebre polittico di produzione inglese coeva).
SALA 5 (soppalco) – Le decorazioni tardo trecentesche e di inizio Quattrocento
Dalla Sala 4, attraverso la scala, si transita in un’area sopraelevata di costruzione moderna che consente di ammirare da vicino le straordinarie decorazioni parietali, come la Scena di caccia di inizio Quattrocento.
SALA 6, 7 e 8 (soppalco) – L’apparato decorativo della delizia di Schifanoia
Si accede all’area dei soppalchi i quali, percorrendo a ritroso l’orientamento di visita, portano verso l’alta quattrocentesca. Si è scelto qui di non esporre opere perché questa parte del percorso non è accessibile ai portatori di handicap motori. L’unica opera, in sala 7 al centro del soppalco, sarà uno dei corali miniati olivetani del 1449. Questa presenza intende introdurre un tema che diventerà ricorrente nel prosieguo della visita: ovvero la trasversalità di cromie, di stili figurativi (e non) tra le differenti tecniche artistiche, in questo caso tra il microcosmo della miniatura e quello monumentale delle decorazioni parietali. Queste, com’è noto, vedono sovrapposizioni, tra gli ultimi anni del Tre e la prima metà del Quattrocento, di diversi intonaci, testimoniando un affastellarsi di differenti fasi esecutive, a riprova della crescita velocissima dell’importanza di Schifanoia in seno alla civiltà estense.
SALA 9 – Introduzione al Salone dei Mesi I: la riscoperta del ciclo
Le sale 9 e 10 svolgeranno un ruolo di introduzione al cuore dell’edificio: il Salone dei Mesi voluto da Borso d’Este nel 1469. La sua centralità nella storia della cultura ferrarese e nella storia dell’arte sarà evocata in Sala 9 illustrando la riscoperta ottocentesca delle decorazioni parietali del Salone, evento che, com’è noto, determinerà la decisione di allestire il nuovo Museo Civico a Schifanoia nel 1898, trasferendovi le collezioni fino a quel momento conservate a Palazzo Paradiso.
Un prodotto multimediale basato su rendering 3D si affiancherà all’esposizione a rotazione dei disegni (originali sostituiti periodicamente da repliche fotografiche) delle tavole grafiche di Giuseppe Mazzolani, elaborate tra la fine dell’Otto e l’inizio del Novecento.
SALA 10 (mezzanino) – Introduzione al Salone dei Mesi II: iconografia e stile
Questo ambiente, che svolge anche la funzione di “area di disciplinamento” dei flussi di visita, sarà privo di opere e sarà dedicato alla consultazione di un video interattivo sul Salone dei Mesi illustrante l’iconografia e lo stile di questo straordinario capolavoro.

Fig. 4 – Sarcofago di Prisciano Prisciani, Sperandio Savelli, 1425-1504 circa, marmo scolpito, (part.)
Ala Quattrocentesca (dalla primavera 2021)
SALA 11 (Salone dei Mesi)
Nel Salone dei Mesi, dopo l’allestimento del nuovo impianto di illuminazione integrato inaugurato lo scorso giugno, non sono previsti interventi museografici ma esclusivamente il supporto alla visita attraverso la già citata app MIX.
SALA 12 (Sala delle Virtù) – Profano e ornato I: lo stile dell’epoca di Borso
Nella preziosa cornice della Sala delle udienze del duca Borso, la Sala delle Virtù nota anche come Sale degli Stucchi, verrà proposto un confronto tra le tecniche artistiche teso a documentare lo stile di quest’epoca, “ossessionata” dal ritratto e caratterizzata da una sorta di “stile universale” basato sulla veemenza espressiva e abbondanza decorativa. In questo senso, l’aulica rappresentazione numismatica dialogherà in questa sala con le ceramiche di uso quotidiano, nella cui decorazione a graffito si riverberano suggestioni della grande pittura ad affresco. Accanto alle più celebri effigi di Borso verranno qui presentate medaglie-ritratto di umanisti, dignitari e dame partecipi della vita e di corte, tra cui spiccano le figure eccellenti di Leon Battista Alberti e Pellegrino Prisciani. La grande stagione della miniatura sarà rappresentata dai due volumi della Bibbia della Certosa ornata da Guglielmo Giraldi e commissionata dallo stesso principe estense.
SALA 13 (Sala delle Imprese) – Profano e ornato II: lo stile dell’epoca di Borso
Lo stile di questa epoca straordinaria prosegue con la Sala delle Imprese, la camera da letto del duca Borso contraddistinta nel fregio dalle imprese estensi, integralmente dedicata alla miniatura, arte molto amata da questo principe. Due volumi dei preziosi corali certosini, appartenuti ad un luogo che deve allo stesso Borso la sua fondazione, verranno proposti assieme a due volumi di dimensioni più contenute e di soggetto diverso, a documentare la capacità della rappresentazione miniata, di soddisfare le diverse esigenze degli uomini del rinascimento.
SALA 14 (Sala Tassoni 1) – Ercole I e l’italianizzazione dello stile
Questa sala è dedicata al successore di Borso, il fratellastro Ercole I, intensa e più austera figura di principe che governa il ducato al passaggio tra Quattrocento e Cinquecento. Una ricca selezione numismatica, tra medaglie e monete, affianca ai ritratti ed alle “imprese” del duca le figure della consorte Eleonora d’Aragona e del fratello Sigismondo, finemente rappresentati da Sperandio Savelli, uno dei maggiori medaglisti di questa fase. Un confronto in chiave espressiva tra scultura e pittura è proposto con il dialogo tra la nostra Figura di dolente di Guido Mazzoni e la cosiddetta Pala Grossi di Giovanni Antonio Bazzi di collezione privata il cui deposito è in corso di definizione (e per il quale sarà a breve, ovviamente, richiesto assenso alla Soprintendenza competente).
SALA 15 (Sala Tassoni 2) – La scultura a Ferrara tra sacro e profano I
Negli ultimi anni gli studi sulla scultura ferrarese hanno avuto nuovo impulso. La sala 15 recepisce questi stimoli proponendo una selezione di sculture del Quattrocento provenienti dal territorio e capaci di sintetizzare le varie anime stilistiche del periodo: dalla cultura tardogotico (Delle Masegne) al donatellismo padovano (Baroncelli), fino alla “via estense” della fine del secolo (Domenico di Paris).
SALA 16 (Sala Caccia) – La scultura a Ferrara tra sacro e profano II
Nella Sala ove Borso fece raffigurare l’amata arte venatoria, verrà allestita una delle opere più importanti dell’arte scultorea di questi anni: il sarcofago di Prisciano Prisciani, padre di Pellegrino, l’astrologo e bibliotecario di corte, ideatore del Salone dei Mesi. Attorno a questo capolavoro dall’anagrafe ancora dibattuta, ruotano i protagonisti, per lo più forestieri, che concorrono a costruire una vera e propria civiltà figurativa nel campo della scultura: da Sperandio Savelli ai Della Robbia, fino alle opere fittili di anonimi maestri della fine del Quattro e dell’inizio del Cinque. Un sala ricca di opere di grande qualità espressiva e di suggestioni simboliche.
SALA 17 (Sala Marmi) – La facciata di Schifanoia. Il potere politico nel Cinquecento, tra i duchi e la Devoluzione
Nella cosiddetta Sala Marmi un percorso multimediale restituisce l’aspetto della facciata originaria di Schifanoia dialogando con i lacerti della stessa presenti in loco. Il percorso museografico invece prosegue la rappresentazione del potere ducale nel Cinquecento e l’avvio della stagione della Devoluzione dopo il 1598: la prima è esemplificata dalle medaglie e dal testamento di Alfonso I nonché dalle effigi dei suoi successori; la seconda da medaglie, monete e punzoni pontifici, presentati come simboli della “presa” papale dell’ex ducato e dell’impatto sul territorio.
SALA 18 – Dipingere gli affetti: la pittura sacra a Ferrara tra Cinque e Seicento
Nella prima delle sala del piano terra recuperate dal recente restauro, il racconto prosegue con la pittura sacra del Cinque e Seicento attraverso le tele e le tavole della collezione ASP (ex Direzione Orfanotrofi e Conservatori). Le opere di Bastarolo, Bononi e Scarsellino, per citare i più noti, disegnano la linea d’orizzonte della pittura religiosa a Ferrara tra la Maniera e il naturalismo seicentesco.
SALA 19 – Forme del sacro tra Sei e Settecento
Qui saranno raccolte altre tele della suddetta collezione che documentano l’evoluzione dei soggetti religiosi e dello stile di rappresentazione dalla prima metà del Seicento (Caletti) fino al pieno Settecento (Ferrari e Parolini).
SALA 20 e 21 – Il Museo Riminaldi: alle origini del museo civico
Il percorso di visita termina nelle ultime due sale in modo simbolico riprendendo il discorso iniziato circa 200 opere prima con l’esposizione dei pezzi più rilevanti del “Museo Riminaldi”. La ricca collezione di sculture e arredi donata a più riprese alla città dal cardinale Gian Maria Riminaldi (1718-1789), nel quadro della riforma dell’Università da lui stesso voluta a partire dal 1771, costituisce infatti l’ossatura del Museo Civico ferrarese, inteso come collezione organica di «raccolte fatte alla erudizione» (come scrisse lo stesso Riminaldi nel 1779).
Attraverso una selezione di oltre 40 opere, il percorso restituisce non solo la vastità degli interessi archeologici, culturali e didattici di Riminaldi, ma anche i concetti espositivi e il dialogo tra gli oggetti così come egli stesso li aveva immaginati.
In linea con il limite cronologico delle collezioni dei Musei di Arte Antica, il percorso si chiude con il monumentale busto dell’intellettuale ferrarese Leopoldo Cicognara scolpito da Antonio Canova nel 1821-22, un’opera magnifica che si pone come ideale sipario culturale ed artistico.
Nota finale
Terminato il lavoro in oggetto, i Musei di Arte Antica intendono proseguire quest’opera di revisione della propria identità museale con l’allestimento delle sale al piano terra di Palazzo Bonacossi. Anche alla luce degli intenti più narrativi del nuovo Museo Schifanoia, la finalità sarà quella di mostrare la ricchezza e la varietà delle collezioni storiche (attualmente non esposte, eccezion fatta per il Museo Riminaldi). A tal fine, compatibilmente con le risorse di personale ed economiche disponibili, sempre più scarne dopo l’epidemia da Covid-19, nel corso del 2021 sarà redatto un apposito piano museografico finalizzato a far assumere a Bonacossi il ruolo di “Museo delle collezioni” ferraresi, in sinergia con i servizi di biblioteca e archivio fotografico, con l’esposizione a rotazione del ricco patrimonio dei Musei Civici ferraresi, in particolare con gli esempi più rappresentativi della collezione stampe, della collezione numismatica, della raccolta ceramica e di quella egizia.
Pubblicato su “MuseoinVita” | 9-10 | 2019