Lavorando in biblioteca si impara presto, dai libri e più in generale dai documenti conservati, che non sono solo le parole stampate sulla carta a raccontare storie, ma ci sono anche altri racconti desumibili da segni, menomazioni, impressi sul corpo del volume durante la sua vita. Note, commenti, sottolineature, strappi, lesioni, tutte cose che giustamente il bibliotecario relega tra le ingiurie dalle quali il libro va difeso, ma che col decorso del tempo possono apparire in una luce più benevola, come le ferite che diventano solo cicatrici, importanti più per quello che possono raccontarci. È questo il caso di cui intendo parlare in questo scritto, anche se non tratterò di un libro nel senso in cui di solito lo intendiamo. Mi riferisco ad un ritrovamento recente e casuale nella saletta del “fondo antico” della biblioteca di Palazzo Bonacossi. Durante un sopralluogo, la nostra attenzione cade su un antico volume polveroso che ci conferma la regola aurea di ogni ricerca: se cerchi qualcosa mal che vada trovi qualcos’altro. Infatti ci troviamo per le mani un volume di grandi dimensioni che non stavamo cercando. È un tomo che ha una copertina non dissimile da quella di altri testi antichi della stessa sezione. Sfogliandolo però comprendiamo che si tratta di un registro di firme. È interamente scritto a mano con calligrafie d’altri tempi. È un registro dei visitatori delle iniziative espositive legate alle celebrazioni ariostesche che si sono succedute per un lungo periodo a Ferrara da fine Ottocento fino alla prima metà del secolo successivo.

Fig. 1, La pagina del registro firme di Casa Ariosto
È un registro dove evidentemente le firme venivano apposte sotto l’occhio attento del personale di sorveglianza. Lo deduciamo dal fatto che sono del tutto assenti le sciocchezze, le battute, le insolenze, le dichiarazioni d’amore che infestano quelli degli odierni musei. Si leggono invece in perfetto ordine e continuità le firme dei visitatori. Firme immancabilmente vestite – pur nella loro varietà stilistica – di quell’eleganza calligrafica d’altri tempi che la scuola una volta insegnava come una qualità non accessoria, ma connaturata alla scrittura; del resto nessuno avrebbe allora mai potuto immaginare che la scrittura un giorno sarebbe stata interamente “subappaltata” dalla penna alle percussioni di una tastiera.
Il registro di cui parlo mostra all’osservatore di oggi che chi lo custodiva lo offriva di volta in volta alla firma dei visitatori e aveva una cura particolare nella sua tenuta. Pensiamo che ciò sia dovuto al fatto che il tenutario avesse consapevolezza delle tante personalità illustri che avrebbero lasciato il segno nelle sue pagine, e avesse quindi ricevuto l’incarico di costituire una degna cornice per accoglierle. Gli autografi celebri nel libro dei visitatori documentano senza dubbio il prestigio dell’esposizione e qui sta la ragione di tante attenzioni.
E infatti, scorrendo le firme il tomo, setacciamo qua e là tra i nomi dei visitatori comuni tanti altri di nota fama: cito qui solo quelli di Gabriele D’Annunzio, Giorgio Bassani, Filippo De Pisis, Giuseppe Verdi, e addirittura il re Vittorio Emanuele III (questi due in un separato registro), ma ce ne sono anche altri.
Una rapida ricerca su internet, possibile anche su zoppicanti computer comunali in dotazione alla nostra biblioteca, non proprio all’avanguardia dell’informatica, ci permette di effettuare un confronto calligrafico online con altre firme dei medesimi personaggi e verificare la loro autenticità.
Da questa comparazione emerge l’autenticità di quasi tutte: ma una in particolare non lo è. Parlo della falsa scrittura di un visitatore che si firma maresciallo Pietro Badoglio.
Confesso che per prima cosa ho pensato ad una sigla autografa del “maresciallo d’Italia” (così era denominato), e questo solo per il fatto che le altre erano risultate autentiche. Eppure lo zelo di una giovane collaboratrice mi ha convinto senza difficoltà del fatto che sicuramente si trattava di un falso, circostanza poi confermata anche da un saggio di Giuseppe Muscardini dedicato appunto alle firme celebri sui registri di Casa dell’Ariosto[1].
E questo – per inciso – mi mette in guardia ancora una volta, ma forse non ancora abbastanza, dal fatto che innamorarsi di un’idea è il modo migliore per esporre al pubblico ludibrio l’idea in questione e quel che è peggio il suo autore (cosa ancora più grave se sono io), il che per fortuna è stato scongiurato prima che scrivessi questo pezzo.
Rassegnato pertanto alla perdita del maresciallo Pietro Badoglio ci siamo soffermati su altri particolari correlati alla firma, apposta evidentemente da un ospite sconosciuto sfuggito al controllo del personale assegnato alla custodia del registro.
Sul giorno in cui la falsa firma è stata scritta abbiamo poi messo in chiaro alcuni punti fermi. Non c’era una data precisa segnata sul registro volume. Peraltro se anche ci fosse stata non sarebbe risultata molto credibile in quanto apposta dalla stessa penna di un “falsificatore”, tuttavia è stato possibile ricavare se non il momento della firma, il breve periodo intercluso tra due date limite entro le quali collocarla. Infatti c’è una regolare continuità nelle firme nel registro, niente spazi vuoti, niente cancellature. Le date della firma precedente e di quella successiva possono delimitare con sicurezza il periodo che a noi interessa. Siamo nel mese di ottobre del 1943.
Capirete facilmente che stiamo parliamo di un periodo terrificante della storia del nostro Paese. L’Italia sta compiendo in pochi giorni quel “rendez vous” in campo bellico che la porterà a combattere contro il suo alleato di pochi giorni prima.
Imperversa la guerra civile, sono iniziati i bombardamenti americani sulle nostre città, nel mondo del lavoro la miseria alimenta furiosi scioperi che paralizzano il Paese. Per dare un’idea visiva molto efficace consideriamo di essere tra due celeberrimi film: Tutti a casa di Comencini che ci racconta l’8 settembre 1943 e La lunga notte del ’43 di Florestano Vancini che ci svela la feroce rappresaglia antipartigiana avvenuta nel novembre del 1943 a Ferrara, narrata anche da Giorgio Bassani (che fra l’altro è anche uno dei firmatari del registro).
Il maresciallo Badoglio, dopo la deposizione di Mussolini il 25 luglio, aveva assunto nell’estate del medesimo anno la guida di un governo nato per trascinare il Paese nel travagliato guado verso un nuovo scenario che fino a pochi giorni prima era impensabile e che come nessun’altro condizionerà radicalmente lo sviluppo della storia d’Italia fino ai nostri giorni. Il maresciallo Badoglio è ancora oggi un personaggio molto controverso, figuriamoci come poteva esserlo allora nel pieno della corrente degli eventi.

Fig. 2, La falsa firma del generale Badoglio.
Riguardando più e più volte la presunta firma ci colpisce che il maresciallo Badoglio (come vedete nella foto) fosse definito «ex capo del governo» e «marchese del sabotaggio». Perso interesse per l’autore della firma la nostra curiosità si è spostata integralmente su quel titolo di “marchese del sabotaggio” attribuitogli dall’ignoto visitatore. Cosa aveva voluto dire questo ospite? Certamente ci avrà voluto lasciare un giudizio non benevolo sul maresciallo ex capo del Governo. Il sabotaggio che oggi potremo attribuire a Badoglio è il sabotaggio della guerra fascista e forse a questo si riferisce il visitatore, ma nelle sue intenzioni viene rinfacciato come una colpa. Del resto la parola stessa ha un’accezione negativa, propria di un atto eversivo, sempre disonorevole se riferita ad un uomo di Stato. Peraltro notiamo che sulla pagina in alto c’è uno strappo che asporta giusto altre parole scritte dalla medesima penna e sottrae alla nostra lettura un ulteriore epiteto rivolto al maresciallo, evidentemente meno raffinato e gentile di quello che abbiamo potuto ritrovare e commentare. Forse qualcuno si è accorto di questo piccolo “sabotaggio” che sporca l’immacolata stesura del registro e ha cercato di rimediare con uno strappo? E poi facendolo ha lesionato anche i fogli precedenti e seguenti. Voleva forse sviare, ma molto ingenuamente, l’attenzione dalla pagina da noi ora considerata? Ipotesi che esplorare con la fantasia non costa nulla.
Quanto alle ragioni dell’espressione “marchese del Sabotaggio” si è trattato certamente di un gioco di parole irridente del nostro visitatore. Si riferiva evidentemente al fatto che Pietro Badoglio era stato insignito dal re Vittorio Emanuele III del titolo di marchese del Sabotino per meriti strategici nella conquista appunto del monte Sabotino nel corso della prima guerra mondiale. Un vero assist per il gioco di parole: e da “marchese del Sabotino” a “marchese del sabotaggio” il passo è brevissimo. Del resto non deve essere stato l’unico ad avere avuto questa pensata. Ho trovato un libro dal titolo Italiani nella Waffen-SS di Massimliano Afiero che raccoglie testimonianze dirette di soldati italiani arruolatisi nelle SS dopo l’8 settembre; troviamo nelle parole di un intervistato il medesimo gioco di parole da “Sabotino” a “sabotaggio” riferito proprio al maresciallo Pietro Badoglio[2].
Ma in fondo non è poi importante definire la posizione politica del visitatore, il giudizio non mi compete e non mi interessa, e neppure mi interessa qui decidere se Badoglio fosse da deplorare o no e per quali ragioni. Quello che conta è il valore della testimonianza, e anche la genuina manifestazione di risentimento, così vera e autentica, di un comune cittadino di quel periodo funesto. Un visitatore che dentro ad un nostro museo, eludendo lo sguardo distratto di un sorvegliante, riesce a scrivere frettolosamente il suo sentire impellente e così facendo riesce a perforare la cortina del tempo per recapitarlo intatto fino a noi che lo leggiamo in un’epoca in cui i testimoni diretti di quegli eventi stanno ormai scomparendo per sempre.
Note
[1] G. Muscardini, Firme illustri nei registri di Casa Ariosto, “Atti dell’Accademia delle Scienze di Ferrara”, 78, Ferrara 2001, pp. 210-211.
[2] M. Afiero, Italiani nella Waffen-SS, Zanica (Bg) 2015, edizione ebook.
Pubblicato su “MuseoinVita” | 5-6 | giugno-dicembre 2017